Le due velocità

Per Di Maio l’alleanza con la Lega è l’unica possibile e la tenuta del governo Conte è di importanza strategica. Salvini, al contrario, ora è in grado di allearsi con il M5S, ma il suo obiettivo strategico è monopolizzare l’area di centrodestra – che già il 4 marzo è arrivata vicina alla maggioranza assoluta – nella prospettiva di un governo fondamentalmente leghista

Il governo ha appena due settimane di vita ed è ovviamente troppo presto per trarre delle conclusioni. Ma finora è apparso evidente come la Lega, nonostante un peso parlamentare di poco superiore alla metà di quello del M5S e un presidente del Consiglio espressione del ben più numeroso alleato, sia riuscita a imprimere all’esecutivo la propria impronta, almeno agli occhi dell’opinione pubblica.
Intendiamoci, le due forze hanno delle profonde affinità nel carattere “populista” e “antisistema” – due termini che il premier Conte ha rivendicato nel suo discorso programmatico, pur dandone un’interpretazione assai diversa da quella corrente – e lo conferma il fatto stesso che siano riuscite a formare un governo insieme. Anche a livello di elettorato le sovrapposizioni sono significative. Nelle aree in cui uno dei due partiti ottiene consensi particolarmente ampi, l’altro non decolla. Nelle elezioni comunali di domenica scorsa, l’assenza dei cinquestelle in alcuni centri è stata interpretata addirittura come una sorta di “desistenza” per favorire il candidato leghista e nei prossimi ballottaggi si è ipotizzata una più o meno spontanea convergenza sul candidato del partito alleato a Roma (il che, se dovesse avvenire, andrebbe molto più spesso a beneficio di un candidato leghista che viceversa, dati i risultati).
Ma sarebbe un grave errore di analisi spingere la ricerca delle analogie fino a una sostanziale identificazione. Non soltanto per la natura molto più “trasversale” del M5S rispetto alla Lega – un partito sulla breccia da quasi trent’anni, pur se geneticamente modificato da Salvini – ma perché le due forze hanno inevitabilmente interessi di medio e lungo periodo conflittuali. I cinquestelle, infatti, non hanno e – se confermate le tendenze in atto – non avranno a maggior ragione in futuro i numeri per governare in autonomia e in alternativa a un raggruppamento a guida leghista. Per Di Maio, quindi, l’alleanza con la Lega è l’unica possibile e la tenuta del governo Conte è di importanza strategica. Salvini, al contrario, ora è in grado di allearsi con il M5S, ma il suo obiettivo strategico è monopolizzare l’area di centrodestra – che già il 4 marzo è arrivata vicina alla maggioranza assoluta – nella prospettiva di un governo fondamentalmente leghista. Adesso cerca di sfruttare al massimo la propria posizione nell’esecutivo per incrementare i propri consensi, cavalcando temi e paure di più immediata resa elettorale e portando i cinquestelle sul terreno a lui più congeniale. Ma quando penserà che sia arrivato il momento di andare all’incasso, la tentazione di staccare la spina al governo potrebbe diventare irresistibile. Non bisogna mai dimenticare che i partiti guardano alle elezioni europee del maggio 2019 come a una scadenza implicita. Nel frattempo, però i problemi reali del Paese andranno pur affrontati e in un contesto economico e internazionale che sarebbe da irresponsabili prendere a cuor leggero.