La città dei brocchi

Quando guarda a Rieti, la generazione che va dai 30 ai 40 anni sente quasi di avere sbagliato nel voler rimanere in una città incapace di vincere le sfide che le si pongono avanti. Specie se chi se ne è andato sta meglio.

Queste considerazioni sono maturate quando mi sono confrontato con miei coetanei, un bel po’ al dire il vero, che hanno scelto di allontanarsi dalla realtà reatina per realizzarsi altrove.

Pur riscontrando in loro la tristezza e la nostalgia di chi ha lasciato la famiglia di origine e la realtà in cui è nato e cresciuto, ho potuto constatare anche un senso di soddisfazione e realizzazione quando hanno considerato i risultati raggiunti rispetto a quello che poteva offrirgli il territorio reatino.

Così, riflettendo su questo confronto e su quanto grava sopra chi ha deciso di rimanere ancorato al proprio territorio (me compreso), sono arrivato alla conclusione che questi ultimi hanno scommesso, usando una metafora rubata all’ippica, su un cavallo perdente.

Non perché il cavallo che chiamiamo “territorio reatino” non abbia la struttura e le potenzialità per esser e vincente, tutt’altro. Ma perché a causa dell’incompetenza e del menefreghismo dei fantini, degli stallieri e dei maniscalchi scelti per curare e portare a frutto le sue doti – rimanendo in metafora – il cavallo vincente si è trasformato in un brocco.

Così la realtà reatina è caduta sotto i colpi di una politica disinteressata al bene comune. Raramente la abbiamo vista esitare nel mettere in campo soluzioni nepotistiche pur di soddisfare le sue esigenze e quelle dei propri sodali.

Attorno e dentro i palazzi delle istituzioni ruotano diversi personaggi che spesso non hanno superato alcun concorso, e sulle cui competenze si possono avanzare forti dubbi. Quanto alla politica, dopo essersi pavoneggiata in programmi televisivi e radiofonici proclamando la necessità di interagire con i cittadini, risponde al loro saluto con un “buongiorno” a mezza bocca, forse per paura che una risposta più decisa possa essere interpretata come un invito al confronto che li obblighi a scendere dal piedistallo su cui credono di stare.

Una pedana che abbandonano solo in periodo elettorale, quando gli è necessario stare in mezzo ai votanti per persuaderne quanti più possibile a tirare acqua a questo o a quel mulino.

È una realtà, quella reatina, che mostra solo una piccola parte della propria bellezza e la si coglie a fatica. Forse perché nel valorizzare davvero il territorio, potrebbero emergere e poi venir meno tutti quei lacci sotterranei, quegli interessi, che ne legano insieme i pezzi. Una rete che divide il sopra dal sotto senza possibilità di rovesci.

Il vaniloquio eterno sulla perdita di competitività, sulla crisi industriale, sui problemi del commercio, sul centro storico, sul turismo, sul Terminillo, tanto più dura, tanto più dimostra l’immobilismo e le false giustificazioni di chi vuole che nulla cambi.

Uomini cui conviene stare in prima fila su di un brocco piuttosto che essere travolti dalla corsa dei purosangue.

Alla faccia di chi, come me, sul cavallo Rieti ha scommesso, perché è in questo territorio che è nato, è cresciuto e vorrebbe continuare a vivere.

Ma non demordiamo, prima o poi arriverà una squadra in grado di far rendere al massimo le potenzialità di questa realtà che tanto ha da dire e da dare ai suoi figli, cui già tanto ha dato in passato.

One thought on “La città dei brocchi”

  1. Tamet

    Da decenni in Comune e Provincia non si fanno concorsi pubblici. Eppure il personale è triplicato.

    Nella biblioteca Comunale Paroniana hanno speso 12.000 euro per i nuovi computer e non li accendno perché il personale non è cacpace ad accenderli.

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