Chiesa di Rieti

La Chiesa di Regina Pacis gremita per la Giornata del Malato: “Siamo chiamati a essere Volti ri-volti”

La diocesi celebra la Giornata del Malato: un cammino di speranza e cura. A Regina Pacis, la celebrazione presieduta dal vescovo ha riunito fedeli, malati e operatori sanitari in un intenso momento di preghiera, culminato nella processione aux flambeaux per le strade del quartiere.

La comunità diocesana si è ritrovata numerosa nella chiesa di Regina Pacis a Rieti per la celebrazione della XXXIII Giornata Mondiale del Malato, presieduta dal vescovo, nel segno del tema “«La speranza non delude» (Rm 5,5) e ci rende forti nella tribolazione”. Fedeli, malati, personale sanitario, volontari del mondo della salute e autorità civili e militari hanno partecipato con intensità a un momento di preghiera e riflessione che ha avuto il suo culmine nella processione aux flambeaux per le strade del quartiere, ricalcando l’usanza lourdiana. Prima della celebrazione, è stata offerta la possibilità di accostarsi al sacramento della riconciliazione grazie alla disponibilità di molti sacerdoti e dello stesso vescovo, un’opportunità accolta con gratitudine da numerosi fedeli.

«Questa celebrazione giubilare ci ricorda che non siamo chiamati a vivere isolati, ma a costruire relazioni autentiche, di essere capaci di riconoscere l’altro anche nelle sue fragilità», ha sottolineato il vescovo durante l’omelia. «Spesso ci fermiamo alla maschera delle persone, ma il Vangelo ci chiede di accorgerci di chi abbiamo davanti, di prenderci cura, di intercedere, di portare speranza. Essere “Volti ri-volti” significa imparare a guardare oltre l’apparenza, a cogliere i bisogni profondi di chi soffre. In una società che ci educa a essere crani contro crani, siamo chiamati invece a volgere lo sguardo verso l’altro, senza paura della sua fragilità o della sua mancanza. L’amore autentico non si limita a ciò che l’altro possiede, ma si realizza anche nell’accogliere ciò che gli manca. È questo che fa di noi una comunità capace di curare e di farsi samaritana, cominciando dai più piccoli e dai più deboli».

L’incontro, organizzato dall’Ufficio diocesano per la Pastorale della Salute in collaborazione con la parrocchia di Regina Pacis, si è inserito nel percorso giubilare, consentendo ai presenti di ottenere l’indulgenza secondo le indicazioni della Chiesa. La parrocchia, che ha animato anche il triduo di preparazione, ha accolto con calore le tante persone convenute per l’evento.

Numerosi i sacerdoti concelebranti, segno della vicinanza della Chiesa ai sofferenti. «Maria ci insegna ad accorgerci, a intercedere e a favorire la speranza», ha proseguito il vescovo. «Alle nozze di Cana, Maria non si limita a constatare la mancanza del vino, ma si fa attenta ai bisogni di chi la circonda. La sua intercessione presso Gesù non è una richiesta di effetti speciali, ma un atto di fiducia: “Fate quello che vi dirà” (Gv 2,5). Questo brano evangelico ci insegna che la speranza nasce dall’attenzione e dalla responsabilità: non si tratta solo di attendere miracoli, ma di mettere la nostra parte. Senza l’acqua nelle giare, a Cana, il vino non sarebbe mai sgorgato. Così anche noi siamo chiamati a contribuire con il nostro impegno concreto perché la grazia di Dio possa operare”.

Come da tradizione, prima della celebrazione a Regina Pacis, il vescovo aveva presieduto un’altra liturgia nella cappella dell’ospedale provinciale San Camillo de Lellis, portando una parola di conforto ai ricoverati e al personale sanitario.

Il rito si è concluso con l’esposizione del Santissimo Sacramento, seguito dalla processione aux flambeaux, un cammino di fede che ha attraversato le strade attorno a piazza Matteocci, illuminando con la luce delle candele non solo il buio della sera, ma anche quello che a volte accompagna la malattia e la solitudine. Al rientro in chiesa, il vescovo ha impartito la benedizione ai malati e guidato la preghiera del Giubileo, secondo l’intenzione del Papa, per ottenere l’indulgenza dell’Anno Santo. L’assemblea si è conclusa con il canto dell’Ave di Lourdes, mentre i fedeli alzavano i flambeaux in un gesto di affidamento, e il ringraziamento finale espresso dalla responsabile della Pastorale della salute, Santina Proietti. Un segno di speranza, come ha ricordato il vescovo: «Oggi più che mai siamo chiamati ad essere una Chiesa e una società madri, capaci di prendersi cura, di dare dignità. Perché solo insieme possiamo essere luce l’uno per l’altro».