Una visione “economica” ed “ecologica” nello spirito che ispira questo incontro pastorale sicuramente rifugge da ogni efficientismo e perfezionismo. Eppure la perfezione è richiesta ai discepoli di Gesù, che aveva raccomandato di essere “perfetti come il Padre vostro che è nei cieli”. Che perfezione? Lo spiega monsignor Pompili commentando le parole finali della Lettera agli Ebrei che la liturgia dei Primi Vespri (si è ormai al tramonto del sabato ed inizia perciò la domenica) propone come lettura breve.
Essere perfetti, spiega il vescovo Domenico, «non significa essere privi di colpe e di difetti, ma tendere alla perfezione, senza stancarsi». Il contrario della perfezione invece «è l’accidia», che ha mille modi di presentarsi: «ci sono, anzitutto, quelli che sognano sempre progetti irrealizzabili per non realizzare ciò che potrebbero fare normalmente; quelli, ancora, che credono che tutto sia già stato detto e che non bisogna procedere oltre».
È Dio che può renderci perfetti. Come? Per prima cosa, dice monsignore, «attraverso l’incontro personale con Gesù. Tutta la vita di Gesù, il suo modo di trattare i poveri, i suoi gesti, la sua coerenza, la sua generosità quotidiana e semplice, e infine la sua dedizione totale, tutto è prezioso e parla alla nostra vita personale. Senza questo contatto sperimentato vitalmente, finiamo per ritrovarci succubi di altri stili di vita che ci spengono e ci allontanano dalla forza che dilata il nostro cuore».
Un’altra strada della perfezione è poi «il piacere spirituale di sentirsi popolo. Per essere degli evangelizzatori con spirito dobbiamo sapere di essere parte di una realtà più grande verso cui incamminarsi con empatia, sentendo che la causa dell’altro è anche la mia». Perché «aiutare anche una sola persona a vivere meglio, questo è già sufficiente a giustificare il dono della mia vita».
In terzo luogo, il vescovo ricorda «l’azione misteriosa dello Spirito che agisce in noi» come modo con cui Dio rende perfetti. «Anche di fronte a risultati che sembrano non arrivare mai, bisogna mantenere la certezza che la risurrezione non è cosa del passato, ma contiene una forza che ha penetrato il mondo».