Ci sono casi in cui le nuove tecnologie non solo aiutano, ma anzi si rendono indispensabili per poter fruire di cose che altrimenti non potremmo vedere.
È il caso del padiglione multimediale del futuro Museo diocesano di Amatrice e Accumoli (MuDa), inaugurato ad Amatrice a conclusione della prima edizione del Forum delle Comunità Laudato si’.
Dopo il sisma, le opere d’arte salvate dalla devastazione sono state messe in sicurezza nel deposito dei Carabinieri Forestale di Cittaducale ed in altri depositi adibiti per accoglierle e salvaguardarle al meglio.
Ma ci vorrà del tempo per restaurare tutte queste opere e rimetterle nelle loro chiese una volta ricostruite. Nel frattempo, per poter fruire di tanta bellezza e divulgarla, la diocesi di Rieti ha pensato di realizzare, all’interno dell’area della ‘Casa del Futuro’ progettata dall’architetto Stefano Boeri, uno spazio museale che contiene l’esposizione multimediale di alcune delle opere recuperate dalle chiese di Accumoli e Amatrice.
Le nuove tecnologie sono state dunque utilizzate per ricostruire tridimensionalmente opere “fortemente identitarie”, come la celebre tavola dipinta della Madonna di Cossito, che aprirà lo spazio espositivo. La scansione tridimensionale di una selezione di sculture e oggetti sacri ha permesso di ricostruire modelli digitali il più possibile simili ai loro corrispettivi reali. La fruizione delle opere richiama i tradizionali sistemi espositivi, intrecciati all’interazione tramite dispositivi mobili. Scaricando, infatti, l’applicazione “MuDA AR” da Apple Store o Play Store e inquadrando con la fotocamera degli smartphone e dei tablet, le immagini poste sui piedistalli o stampate sul materiale informativo dell’esposizione, i visitatori vedranno comparire le opere riprodotte digitalmente e percepibili come presenti nell’ambiente reale.
A creare l’applicazione il giovane team di Particula Studio, con sede a Milano. Marco Pucci, Martina Coletti e Alexandre Cayuela Castilla erano presenti all’inaugurazione del padiglione, e spiegano le fasi del loro lavoro.
«Quando siamo stati contattati dalla Diocesi di Rieti per lavorare alla progettazione di questa mostra sono emersi nel gruppo di lavoro Particula due sentimenti prevalenti: la soddisfazione di contribuire a un progetto destinato a un territorio ferito, e la determinazione ad affrontare una sfida inedita. Non ci si chiedeva di creare installazioni a supporto di un percorso museale già esistente, ma di pensare a come le nuove tecnologie potessero colmare il vuoto lasciato dalle opere recuperate in seguito al sisma del 2016 e non ancora pronte a essere esposte in sicurezza. Due i messaggi principali da trasmettere: raccontare l’impegno del settore Beni Culturali della Diocesi nella creazione del nuovo polo museale e creare una soluzione espositiva che riportasse quei beni al pubblico e al territorio, se non fisicamente almeno nella loro essenza fisica, concettuale ed emotiva. La scansione tridimensionale di una selezione di sculture e oggetti sacri ci ha permesso di ricostruire dei modelli digitali il più possibile simili ai loro corrispettivi reali. Per poterli fruire all’interno della mostra abbiamo pensato a una soluzione che ricorda i tradizionali sistemi espositivi intrecciati a un nuovo modo di interagire con la realtà, ovvero tramite dispositivi mobili ormai tanto diffusi e “integrati” nella dotazione psicofisica dell’essere umano da non costituire un ostacolo per la maggior parte del pubblico. Nell’inquadrare con la fotocamera dei dispositivi le immagini poste sui piedistalli o stampate sul materiale informativo della mostra è stato possibile far comparire le opere riprodotte digitalmente e percepibili come presenti nell’ambiente reale. La risposta dell’arte multimediale alla sfida della contemporaneità è quella di riallacciare i legami con una storia fatta riappropriazione e riprogrammazione delle tecniche e degli strumenti emergenti di ogni epoca. Per reinventare di volta in volta linguaggi differenti, portatori di spunti di riflessione e non di proclami; tenendo conto delle nuove complessità in cui siamo immersi e, con un approccio che ci auguriamo tendere verso un’ecologia della comunicazione come i nostri predecessori ci hanno indicato. Verso una tecnologia che arricchisce invece di impoverire le interazioni».