L’introduzione di una “tassa di soggiorno” applicabile a quanti alloggiano nelle strutture ricettive della città è il punto su cui si sta concentrando in queste ore la polemica polemica.
La soluzione in sé non ha nulla di particolarmente originale: tantissime altre città italiane che già applicano da tempo questa soluzione, ed il Comune di Rieti ha un disperato bisogno di compensare la diminuzione dei finanziamenti da parte del Governo. Di conseguenza si esplorano anche le nuove opportunità della fiscalità municipale: il balzello – al massimo cinque euro per notte a persona – verrà aggiunto al conto dell’hotel pagato da coloro che soggiornano in città.
La proposta lascia «veramente sgomenta» Sonia Cascioli. Il consigliere comunale reputa il provvedimento «una patologica idiozia» ricordando che «le associazioni competenti hanno stimato in 50.000 euro circa il ricavato del nuovo balzello». Così per far quadrare i conti, propone «una seria alternativa», chiedendo di ridurre «da 9 a 8 gli assessori stipendiati dal Comune di Rieti, considerando che ognuno costa alla collettività proprio 50.000 euro circa l’anno».
Nel fronte dell’opposizione, anche il consigliere Andrea Sebastiani condivide «le argomentazioni della collega Cascioli», cogliendo però in aggiunta una contraddizione. «Ai più distratti», infatti, Sebastiani ricorda che «il Consiglio comunale nella seduta del 14 marzo 2014, ha deliberato l’adozione di un apposito regolamento che incentiva le agenzie di viaggi, le associazioni e le scuole con un contributo di 300 euro nell’intento di favorire i progetti di natura promozionale e di valorizzazione del territorio». Il tutto «sotto forma di compartecipazione alle spese di viaggio e per quegli operatori che riescano a far soggiornare per almeno due giorni un minimo di 25 partecipanti».
«Con il preciso scopo – cita testualmente il consigliere – di incrementare il numero di turisti che si recano nella nostra città e soprattutto al fine di favorire il prolungamento delle presenze da cui derivano benefici economici per gli operatori locali quali strutture ricettive, della ristorazione e del commercio».
«È come dire ad un bisognoso che si rivolge ai servizi sociali per avere il necessario per comprarsi da mangiare che sugli alimenti acquistati con il sussidio ricevuto deve pagare un’imposta. Con una mano ci riprendiamo quello che con l’altra abbiamo appena elargito. Assai spesso è capitato durante questa consiliatura di imbattersi in provvedimenti che di sensato hanno veramente poco, ma credo – conclude Sebastiani – che con questo ultimo si raggiunga l’apice del paradosso».