Giovani, anzi giovanissimi (parliamo di under 18), ma con le idee chiare rispetto a quello che la Chiesa si aspetta da loro, specie quest’anno che si svolgerà l’assemblea sinodale dei rappresentanti dell’episcopato mondiale dedicato proprio alla questione giovanile. Proprio a partire dalla convinzione che « la Chiesa vuole […] incontrare, accompagnare, prendersi cura di ogni giovane, nessuno escluso» , come si legge nel Documento Preparatorio della XV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale», un gruppetto di adolescenti reatini ha vissuto il suo camposcuola targato Ac. Il Settore Giovani dell’Azione Cattolica diocesana ha organizzato infatti un momento “in loco” che si è andato ad aggiungere alla partecipazione di alcuni al campo svolto a inizio luglio a Subiaco dalla parrocchia romana San Barnaba.
Per questo campo Acg tutto reatino si è rimasti “intra mœnia”. Un bed and breakfast nella zona tra Castelfranco e La Foresta la singolare location del camposcuola, con un po’ di fantasia per attrezzare un luogo non certo deputato a queste attività: il prato per i gruppi, qualche sedia per ascoltare le riflessioni, un gazebo trasformato in cappella mobile per l’adorazione notturna (tutta la notte dinanzi al Santissimo Sacramento esposto: esperienza forte e coinvolgente)…
A inaugurare le quattro intense giornate di campo, la visita del vescovo Domenico. Il pensiero di monsignor Pompili, nel pomeriggio iniziale, ha dato il “la” alla riflessione che, seguendo la pista del documento preparatorio del Sinodo, si orientava al senso di identità e di missione del giovane: “Tu sei” e “Tu sei per l’altro”. I tre successivi giorni ruotavano attorno a tre verbi, riconoscere, interpretare e scegliere, tradotti nei corrispondenti atteggiamenti fede, discernimento e vocazione. Il tutto svolto tra catechesi, preghiera, momenti ludici, confronto in gruppo e anche esperienze particolari e toccanti come le due “cene speciali” che simulavano situazioni insolite con lo scopo di interrogarsi: la “cena al buio”, mangiando bendati così da stimolarsi a riconoscere i sapori e avere le sensazioni ed emozioni di chi non vede, e quella con due tavoli, uno dei poveri e uno dei ricchi, a significare l’iniqua distribuzione dei beni fra i popoli della terra e comprendere quanto sia necessario condividere.
L’ultima parte, domenica sera, insieme ai genitori, invitati a cena dai figli stessi come segno di gratitudine e restituzione del bene da loro ricevuto: sono stati i ragazzi stessi a preparare questo bel momento conviviale, svoltosi al centro pastorale di Castelfranco. E poi, a fine serata, il suggestivo falò, a chiusura di un campo che, nella verifica finale, i partecipanti non hanno esistato a definire “fighissimo” e da consigliare a ogni coetaneo.