I tormentoni: e chi li ammazza?

Dalla canzone-mantra incontrollabile alle letture delle vacanze. Occhio alle donne e ai loro desideri: l’assioma di fondo degli editor è che le donne che parlano di eros ad altre donne sanno ciò di cui stanno parlando. E per finire, il grande ritorno dei test da ombrellone. Dove ti scopri serial killer e devi rispondere al grande classico: “Riuscite a disconnettervi dal lavoro?” Certo, come no…

Per la serie tormentoni. L’estate porta con sé una sequela di riti destinati a ripetersi con frequenza paragonabile solo all’avvio del Festival di Sanremo “tra le polemiche”, all’esame di maturità “da abolire”, alle mezze stagioni “scomparse” e a Venezia “è bella ma non ci vivrei”. Tra i vari, si parte senz’altro dalle canzoni. Superata l’ebbrezza collettiva per il povero Pulcino Pio e la sua ingloriosa fine, la stagione estiva 2014 vede molti candidati ambire alla testa di una classifica i cui risultati in termini di efficacia sono misurabili soltanto dalla quantità di bambini (e bambini cresciuti) che ripeteranno in trance lo stesso motivetto divenuto mantra. Se è vero che gran parte del lavoro lo fanno le radio e la tv, ben consapevoli che repetita juvant, è anche sicuro che ci sono ragioni misteriose per cui, a parità di ascolti e programmazioni, una canzone ci resta in testa più di un’altra. E non è qualcosa di controllabile razionalmente. Quindi è perfettamente inutile cercare di combattere contro la voce interiore che al comando “Sing” risponde con ohohohohohoohohohohoh. Così come è altrettanto vano tentare di opporsi con la sola forza di volontà alla paventata rottura del muro del suono. E, infine, non ci si può far scudo del pensarsi raramente: benedetto ragazzo, ma se non mi pensi più, perché me lo ripeti per cinque minuti di fila anche sei volte al dì?

Tormentone due: cosa si legge in vacanza. Sui soliti giornali ben informati l’occhiolino è strizzato ancora una volta in favore del pubblico femminile, da sempre lo zoccolo duro dei lettori e il più ricettivo a cogliere proposte editoriali e suggerimenti delle librerie. Il giallo va sempre bene, meglio se italiano: fa subito lettore sostenuto, impegna con moderazione le sinapsi in un intreccio che non necessita di alberi genealogici, gratifica l’autostima in improbabili gare di risoluzione delitti con il protagonista (“io l’avevo capito da mo’ che il colpevole era quello”). Su altro versante, archiviate le cinquanta sfumature in tre puntate distinte ma uguali, resiste il filone volto al solletico ormonale che promuove nuove eponime: donne. Sì, perché l’assioma di fondo degli editor è che le donne che parlano di eros ad altre donne sanno ciò di cui stanno parlando. Noi qui si aveva un’altra idea dello spirito della letteratura al femminile, ma è noto che rappresentiamo una pervicace minoranza in direzione ostinata e contraria.

Infine, ecco a voi il grande ritorno del test da ombrellone. Dopo anni di studi, l’unica conclusione possibile per la numerosità dei suddetti è che in realtà sono come l’oroscopo di un noto settimanale allegato a un noto quotidiano: c’è un file di cinquanta format che vengono riproposti a rotazione (tanto, chi se lo ricorda?). Eppure ci caschiamo sempre, così i temibili percorsi a risposta multipla e crocetta selvaggia riescono a cogliere aspetti delle nostre nevrosi quotidiane che credevamo brillantemente superati e di cui invece ci ritroviamo innegabilmente schiavi. I risultati dei test sono lì a certificarlo e la totalizzazione di risposte b sulle d, o di stelline rispetto ai cuoricini, rivela di noi più di anni di analista o di confessione terapeutica. “Dimmi come fai le valigie e ti dirò chi sei”: se hai risposto sì alle domande 2, 5, 8 e 9 sei un serial killer. Oppure “scoprite se la relazione a distanza fa per voi”: uno sguardo al bipede in versione ameba che russa sul lettino a fianco fa velocemente scorrere la matita su ideali di provvidenziale dissociazione spaziale. Ma quello che ormai si sta qualificando come un grande classico è: “Riuscite a disconnettervi dal lavoro?” Certo, come no: nemmeno a un quiz anonimo confesseremmo mai la difficoltà della disintossicazione. Così, cullandoci nella bugia più consolatoria e più rivenduta ad amici e parenti, continuiamo a giustificare il telefono acceso soltanto perché ci si gioca e si chatta un po’. Certo, incidentalmente, anche per dare un’occhiata veloce alle mail e agli aggiornamenti Twitter del nostro settore, ma è un caso. In fondo, dove credete sia stato scritto questo articolo?