Esternalizzazioni: diritto di “asilo” per Francesco

La Lectio del Prof. Massimo Cacciari è stata ascoltata da un foltissimo pubblico al teatro Flavio Vespasiano, pubblico formato in buona parte da insegnanti, in servizio e in quiescenza, ma anche da tanti cittadini non necessariamente appassionati di storia e filosofia, attratti dal tema di cui la nostra terra è in qualche modo protagonista, certamente, ma soprattutto dall’autore della lezione.

Il filosofo ha parlato di inquietudine, in riferimento al tema, perché la figura del Poverello genera senza dubbio simpatia, ma anche un sentimento di ossequioso distacco, per la radicalità della scelta e del pensiero, per la ruvidezza e una buona dose di ingenuità, miste ad una certa risibilità se calate nel contesto odierno. L’inquietudine nasce anche dalla difficoltà di veicolare un pensiero che è molto di più di quello che si pensa, ma forse è anche molto di meno.

La nostra città è passata dalla polemica sulla esternalizzazione di alcuni servizi, come quello degli asili per bambini, ai grandi voli pindarici sul pellegrinaggio nella filosofia greca e in quella successiva e nella esperienza francescana, e queste distanze di tempi e di culture, di percezione del reale nel nostro contesto effettivo, richiedono quasi alla nostra mente di fare una sintesi che non sempre è possibile.

In realtà il tema del pellegrinaggio nella filosofia e nel contesto francescano ha una qualche attinenza anche con quello che viviamo noi oggi.

Dice Cacciari che nel pellegrinaggio della filosofia e della letteratura greca, ma anche recente, non vi è mèta, se non la ricerca della verità. Mentre nel pellegrinare religioso la mèta è il luogo e lo stesso pellegrinare.

Questo vale anche per le nostre scelte politiche, amministrative ed economiche, come quella delle esternalizzazioni o di qualsiasi altra necessità che si presenti per ripianare errori e superficialità del passato, sia che siano partiti di destra, sia che siano partiti di sinistra a decretare queste scelte impopolari.

Il problema è la mèta del nostro pellegrinare: è, per ora, solo la risoluzione di problemi economici contingenti e poi continuare a vagare a vista, senza un obiettivo solido, oppure trovare una soluzione definitiva per la realizzazione dello stato sociale, di quei servizi alla persona che gli Enti pubblici devono erogare per migliorare la qualità della vita dei cittadini?

La visione della vita di Francesco di Bernardone è paradossale ed esemplare ad un tempo, come ha detto Cacciari. È paradossale perché semplice e difficilissima. È esemplare perché è la base da cui partire per riformare non solo la Chiesa ma anche la società, è l’exemplum.

Fino a che punto la nostra società e i nostri Enti saranno capaci di porsi obiettivi di media e di lunga durata è difficile a dirsi, perché tali obiettivi non sono vincenti nell’immediato e sul piano elettorale. Si preferisce brancolare nel buio e non avere una mèta certa e degna di essere perseguita.

Per ora il ritorno al francescanesimo è solo obbligato dalla crisi dell’economia, per cui un po’ tutti sono costretti a tirare la cinghia e a rinunciare al superfluo, ma un vero ritorno potrà esserci solo in condizioni di abbondanza e come ponderata scelta di vita, in vista di un fine più grande.

Francesco è ancora alla ricerca di un tetto che possa contenere tutto lo spessore della sua provocazione che dura da ottocento anni, è ancora in cerca di persone capaci di credere in un mondo diverso, che si possa costruire una società più giusta.

Il compito delle istituzioni politiche e amministrative è allora solo quello di predisporre servizi e rendere la vita quotidiana meno difficile, o è pure quello di aiutare i cittadini a trovare un senso più pieno alla vita stessa?