Li aveva inviati in coppia, due a due, per le città, i villaggi della Galilea; aveva detto loro di non prendere nulla con sé, né pane, né bisaccia, né denaro. Li aveva inviati dicendo di consolare, guarire, aiutare chiunque avesse bisogno. Nella pagina di Marco leggiamo che i dodici sono tornati e hanno voglia di parlare, di raccontare la loro soddisfazione per le cose fatte. Certo non mancava loro la stanchezza, la stessa che accompagna ogni missionario che dimentica se stesso per servire la Parola e essere accanto a donne e uomini che incontra lungo la strada. Gesù li invita a “venire in disparte”, a seguirlo perché possano riposare un po’. Scrive Paolo agli abitanti di Efeso, la seconda lettura, Cristo “è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne”. Sempre nel testo paolino leggiamo che Gesù ha “abolito la legge fatta di prescrizioni e di decreti” per creare un “solo uomo nuovo facendo la pace”. È il “no” a una legge strumento di discriminazione, a servizio del rifiuto, del respingimento dell’altro; una legge che separa il pagano dal popolo eletto. Ecco la novità del messaggio di Cristo, per cui vedendo “una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno un pastore”; non divide il suo messaggio, non allontana, abbatte i muri di divisione, elimina inimicizie e discordie.
Vista la folla, il riposo salta, ma resta l’invito, anzi l’insegnamento prezioso al riposo, dice papa Francesco all’Angelus. “Gioisce nel vedere i suoi discepoli felici per i prodigi della predicazione”, ma “si preoccupa della loro stanchezza fisica e interiore” perché “li vuole mettere in guardia da un pericolo, che è sempre in agguato, anche per noi: il pericolo di lasciarsi prendere dalla frenesia del fare, cadere nella trappola dell’attivismo, dove la cosa più importante sono i risultati che otteniamo e il sentirci protagonisti assoluti”. Accade anche nella Chiesa: “siamo indaffarati, corriamo”, e “alla fine rischiamo di trascurare Gesù”. Non basta “staccare la spina”, ci vuole “riposo fisico e anche riposo del cuore”. Fermarsi, “stare in silenzio, pregare”; non passare “dalle corse del lavoro alle corse delle ferie”. Gesù, non si sottrae “ai bisogni della folla”; no all’efficientismo, ci dice il Papa: “fermiamo la corsa frenetica che detta le nostre agende. Impariamo a sostare, a spegnere il telefonino, a contemplare la natura, a rigenerarci nel dialogo con Dio”.
Domenica prossima troveremo Gesù che, per sfamare questa folla, moltiplica i cinque pani e i due pesci. Oggi però Gesù vede questa moltitudine e si preoccupa di essere loro accanto: “ebbe compassione”. Per il Papa, “lo stile di Dio è vicinanza, compassione e tenerezza”. Gesù “si dedica alla gente e riprende a insegnare”. Solo il cuore “che non si fa rapire dalla fretta è capace di commuoversi, cioè di non lasciarsi prendere da sé stesso e dalle cose da fare, e di accorgersi degli altri, delle loro ferite, dei loro bisogni. La compassione nasce dalla contemplazione”. Dobbiamo imparare a riposare davvero, a scegliere il silenzio, la preghiera, dice il Papa; no, dunque, all’atteggiamento “rapace di chi vuole possedere e consumare tutto; se restiamo in contatto con il Signore e non anestetizziamo la parte più profonda di noi – afferma ancora il vescovo di Roma – le cose da fare non avranno il potere di toglierci il fiato e di divorarci. Abbiamo bisogno di una ‘ecologia del cuore’, che si compone di riposo, contemplazione e compassione”.
All’inizio del testo di Marco c’è un verbo, vedere, che ci aiuta a focalizzare meglio l’azione narrata nel Vangelo. Gesù aveva visto i suoi stanchi fisicamente, e con loro aveva attraversato il mare di Galilea per farli riposare, sostando in un luogo deserto, tranquillo; come dire, li invita a prendere le distanze da ciò che hanno fatto, o meglio a far calare nei loro cuori le azioni compiute, ad uscire dall’impegno del fare, dall’agitazione di compiere delle azioni, allontanandosi dalle folle; si potrebbe dire allontanandosi dal clamore, dal rischio di sentirsi importanti. Ma erano stati visti dalle persone, che li avevano preceduti al punto di approdo. Di nuovo il verbo vedere, perché Gesù nota quella folla, sceso dalla barca, ha compassione, “e si mise a insegnare loro molte cose”.