E chi se ne frega?

Capiamo che la nostra è una città in cui succede poco e niente, ma questa volta proprio non sappiamo proprio trattenerci dal dire: «e chi se ne frega?»

Ci riferiamo al fatto che Michele Santoro sia approdato dalle parti di Castel di Tora «per motivi personali». Non ce l’abbiamo con il povero giornalista ovviamente. Ci domandiamo piuttosto se fosse proprio necessario sottolineare il passaggio. Dov’è la notizia? Che c’è di straordinario?

Per quel che ne sappiano, Rieti e il suo circondario non sono ancora una zona di guerra, interdetta o soggetta ad una qualche quarantena. Ci passa un sacco di gente senza tanto clamore.

Ma forse si pensa che la presenza del Michelone nazionale possa essere utile come volano turistico. Magari metteremo una targa come quella che abbiamo in via Cintia per Garibaldi: “Qui, nel mese ottavo dell’anno del Signore 2013, Michele Santoro ha bevuto un aperitivo”.

C’è di più, le cronache riportano che il giornalista, calorosamente ricevuto dal sindaco, è rimasto anche a pranzo: fettuccine con tartufo locale erano le protagoniste del menù.

Non c’è niente di male, intendiamoci. È solo che in queste cose si riconosce un certo provincialismo dal quale proprio non riusciamo a venir fuori. L’episodio infatti, non è isolato. A guardarsi indietro, il più recente che viene in mente è la visita di Zeman in città, ospite di Federlazio. Anche allora furono spesi un bel po’ di “bit” per poco più di niente.

All’epoca ci domandammo se in altre città accadrebbe lo stesso. Ma ve li riuscite ad immaginare i giornali di Ascoli Piceno, Siena, Foggia o Ancona titolare sul fatto che Zeman, Santoro o chi per loro sono di passaggio, e per di più «per motivi personali»?

Noi francamente no, ma se accade vuol dire che hanno poca stima di sé, proprio come noi.

5 thoughts on “E chi se ne frega?”

  1. Lambertino

    Esimio Fabrizi, a prescindere dalla circostanza descritta( e non dilungandosi su di essa, altrimenti si dovrebbe osservare la incongrua riferibilità al personaggio boemo con ciò che comporta non solo e non tanto per la zona o il pressing, ma a proposito di moralità e doping calcistico, e allora altro andrebbe desunto e argomentando)), ammesso che la presenza in territorio provinciale ( fino a che la pronuncia non determina la insussistenza di essa, eliminando tutte le provincie come fatto istituzionalcronachistico) non rappresenta altrochè la attrattività intrinsecamente turisticopromozionale, altrettanto devo lamentare la sua scarsa ( volutamente omissiva?) e insinuante sottovalutazione della questione del tartufo, non sapendo forse l’autore di quale fonte redditual-induttiva ciò sia portatrice. Si tratta forse dell’implicito riflesso anti-turistico e nichilisticospregiativo che vi porta a non capire ( volutamente?) l’indotto blillantemente sviluppato sia in sede di coltivazioneintensiva che promozionale del peperoncino calabrese, a prescindere da ogni considerazione sul promotore, peraltro già abbastanza inviso agli esponenti della stessa sue formazione, ma di radice rupubblicansociale, non senza la dimostrazione di possibile ritorno su tutto il territorio, non la rivista del letterato plurifotografato, ma inteso come espressione geograficopolitica. Questo a commento e discrezione vostra di pubblicare, visto il dissenso su fettuccine e altro destinato a smuovere le morte gore della politica gettoniana di pochi piccoli epigoni inconsapevoli. Lambertino Emiliofili.

    1. Quirino Spandas

      Viva il tartufo, che buono il Tartufo! Ma, come diceva Moliere, il tartufo non si cita a vanvera. E lo voglio dire, caro Lambertino, cosa stai cercando di fare. Lettori, con la scusa di attaccare Frontiera, qui si fa pubblicità ad un certo paese. Già c’è chi lo chiama Castel di San – Toro. Che guardacaso il cui Comune ti ha pubblicato un certo libro, a spese sue, di Emiliofili, improponibile, Lambertino. E non nasconderti! Non fare il tartufo ( eh eh). Non come me, che ho pubblicato col bollino regionale, di un Gruppo al quale ho combattuto tutta la vita, vedi la differenza? Io parlo male solo dei loro avversari, me compreso, ho un’etica, io, sonno un professore! E lascia stare Fabrizi, con la scusa della quale scriverà anche male, ma non è cattivo, e ha mostrato rispetto per lo Zen,come Di Nicola. Lambertino, getta la maschera : Tartufi, Peperoncini e Quaderni varii, eccolo il tuo Gettone, altro che moralizzazione! A Rieti, sui viali, si sente ancora odor di tigli, caro il mio Letterato con licenza di refuso! Lambertino, non fare lo zuccone, torna a fare lo scribacchiatore del Turano. A proposito, ma lo sai, il lettore, che Tartufo migliore c’è nel Cicolano? Casette, Pescorocchiano, Leofreni, altro che Turano o Velino ( veline?). Ma nessuno ne parla, caro mio, perché la stampa è asservita, e noialtri siamo sempre gli ultimi, con tutti i voti che abbiamo portato,e dopo che abbiamo aiutato l’assessore ad allacciarsi le scarpe! Ecco l’amarezza. Tartufo amaro ( eh eh). Tuo Quirino Spandas

  2. Adele Curini

    E quando potevamo stare zitti? Oltre l’arco d’azzurro dei monti dobbiamo profferire. Anche se viviamo a Perugia, con mio marito ed io, non sono immemore d’essere nata nel vecchio paese di montagna con le strade parallele, i ponti sospesi nel fiume. Nel seguire le vostre notizie ( bravi), per amore dell’amato Velino, poco ci importa di Santoro, invero, ma se si parla di tartufo, allora no! Non ci sto! Ci torna il pensiero all’amata Antrodoco. Dal suo scialle verde di pini nasce il tartufo buono, più buono, amici! Il suo odore ci ricorda, come a Proust, i baci rubati nell’ombra dei vicoli, ed il fiume dove il poeta vinse la prima guerra con le barche di carta. Altro che Lambertini e Quirini, sconosciuti millantatori, diteglielo a chi aspetta il primato, chi ha ritirato numerosi premi gastronomici, presenti anche in antologie e riviste a carattere nazionale ( La bruschetta, Il Gambero arrosto, Guida all’osteria di fuori porta etc..). Anche se viviamo dispersi in questo scatolame di cemento, il gusto genuino del mangiare ci resta, il soffio del vento ci gonfia le ali come ai bianchi aironi, stiamo come pendolo nel suo trapezio. Tanto dovevo ad amor del vero, e vi scuso per la brevità. Adele Curini – Speli (PG).

  3. Roberta

    Mi sono trasferita da poco a Rieti, col mio marito inglese, e mi piace la vostra rivista, ma non capisco bene la polemica sul tartufo. Ci deve essere qualcosa che mi sfugge, o che sanno solo i reatini. Ieri stavo guardando un crepuscolo in un orizzonte, ed ho pensato ai tanti frutti della vostra bella terra. Ancora una volta nel verde ho visto le pesche, e mi è tornato in mente il vostro bel libro di gastronomia ” Un attimo di tartufo”.che lessi tempo fa. Siate più solidali fra voi, dal Cicolano al Velino, dal Turano alla Piana del peperoncino. L’invito viene anche dal vostro famoso poeta, quello che vanta collaborazioni a livello culturale con emittenti televisive locali : ” In un giorno senza fine / eternamente chiaro / le nazioni si uniranno.”. E, come disse il chiosatore, l’erudito di provincia, speriamo che non piova. In definitiva voglio dire : godiamoci la vita, viva il tartufo di tutti, viva Rieti ed il suo multiforme ingegno! Roberta Saccenti – Full.

  4. Rina

    Frontiera! Salvaguardati dagli imbastardimenti! Queste storie di tartufo la avrebbero infiaccata, l’antica razza di santi, eroi e navigatori. Scusa le pomposità esagerate, e non rispondere con strafottenza da inconsapevole! Non va bene questo agosto inacidito che puzza di cemento e formiche morte. Tutti possono dire quello che ci passa per la testa, e quanti giri di valzer inutili! Un tempo si uccidevano i maiali a mazzapicchiate, ora possibile che devo scuotervi con strattoni? Insomma, dove nasce il miglior tartufo, lo sanno tutti, dove i poveri cinghiali si disperano nei fiumiciattoli, in cascatelle, capitomboli, salti e tonfi! Si tratta proprio del mio paese natale, cara Frontiera, nel Cicolano, e basta! Tutto il resto, è tempo che si arrenda definitivamente alla nostalgia. Lo dice anche il proverbio : Se vuoi trovare il tartufo, cerca la cime delle quercie, e guarda un punto indefinito dell’orizzonte dove tramonta un sole inconcepito. Ma tanto sono sicuro che non lo capirete, qualcosa di sconosciuto alla vostra sfacciataggine vi blocca. Ossequi. Rina Coppioli.

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