Ieri l’incontro a Palazzo Chigi con il segretario della Cgil Maurizio Landini. Lunedì sera, invece, un colloquio con il leader della Cisl Luigi Sbarra. Contatti costanti anche con la Uil di Pierpaolo Bombardieri. Mario Draghi ha deciso di riprendere in mano il dossier dello stop ai licenziamenti e di sondare la possibilità di una nuova mediazione sia con i partiti della sua maggioranza sia con le parti sociali. Non si esclude, a giorni, una convocazione unitaria di Confindustria e sindacati in cui, a partire dalla questione sensibilissima dei licenziamenti, si provi a stringere un più ampio «patto sociale» per gestire il rimbalzo economico senza strascichi sociali per chi, comunque, rischia di restare tagliato fuori dal mercato del lavoro.
Ora dopo ora, quindi, la sede della mediazione sembra spostarsi dal ministero del Lavoro a Palazzo Chigi. Il ministro Andrea Orlando si muove su un terreno minato, da un lato sente il pressing del suo stesso partito, il Pd, nonché di M5s e Leu, per una proroga del blocco dei licenziamenti anche per i settori per i quali dovrebbe finire, pur con diversi “cuscinetti”, il 30 giugno (parliamo di grande industria ed edilizia). Dall’altro, in quanto ministro, non può rinnegare la faticosa mediazione raggiunta negli ultimi decreti del governo, in cui lo stop in due fasi al blocco dei licenziamenti (30 giugno e 30 ottobre) è ammorbidito da diversi strumenti con cui le imprese potrebbero evitare esuberi. «Più strumenti ci sono meglio è», spiega Orlando facendo intendere che una nuova mediazione sui licenziamenti, più avanzata, farebbe felice anche lui. «La preoccupazione per tensioni sociali è anche del presidente Draghi», chiosa Orlando.
L’ipotesi più forte in campo è quella della proroga selettiva. Al 30 giugno lo stop ai licenziamenti finisce per industria ed edilizia. Per quest’ultima, il rimbalzo è già in corso, quindi non c’è bisogno di proroghe. A fuoco c’è la situazione dell’industria. La «selettività» potrebbe essere determinata in due modi. Attraverso i codici Ateco. Oppure calcolando il ricorso alla Cig negli ultimi mesi in rapporto al numero di dipendenti. In entrambi i casi, la “lista” dovrebbe essere prodotta dal ministero dello Sviluppo economico, il leghista Giancarlo Giorgetti. Il quale è anche favorevole alla nuova mediazione, ma deve confrontarsi con la freddezza del leader del Carroccio Matteo Salvini e di parte del suo partito più sensibile alle istanze di Confindustria e dell’attivissimo presidente dei datori, Carlo Bonomi. Anche Fi non sembra entusiasta di una nuova proroga dello stop ai licenziamenti. E ieri, durante l’audizione in commissione sul Sostegni-bis, l’autorevole Ufficio parlamentare di bilancio ha sottolineato che la fine dello stop ai licenziamenti, mentre potrebbe portare a circa 72mila cessazioni di rapporti di lavoro, potrebbe anche agevolare l’ingresso nelle aziende di giovani.
Se Draghi però incassasse il «patto» con le parti sociali, la tensione tra i partiti potrebbe sciogliersi. Quanto allo “strumento” in cui veicolare un possibile nuovo accordo, le ipotesi sono due: un emendamento retroattivo al decreto Sostegni-bis all’esame del Parlamento o un nuovo decreto. Il Sostegni-bis però non sarà licenziato dalle Camere entro il 30 giugno, la soluzione sarebbe renderlo retroattivo con un accordo politico di maggioranza prima della ripresa della possibilità di licenziare. Un nuovo decreto, invece, sarebbe immediatamente operativo e la sua conversione potrebbe essere integrata all’iter di un dl già all’esame delle Camere.
La partita è delicata. I sindacati ieri erano più ottimisti ma comunque prudenti. Palazzo Chigi, nel confermare l’incontro con Landini parla di confronto sull’economia. Lo stesso segretario della Cgil non conferma un confronto sui licenziamenti, ma piuttosto ringrazia Draghi per la «sensibilità istituzionale» di averlo voluto incontrare di persona per esprimergli le condoglianze per la morte, lunedì, dell’ex segretario generale Guglielmo Epifani.
da avvenire.it