Donne e società. C’è ancora da lavorare

«Se non ci fossero state le donne in questa nostra Repubblica, se non ci fossero state le loro tenaci battaglie di emancipazione e liberazione – condotte attraverso un intreccio fecondo di iniziative delle associazioni, dei movimenti, dei partiti, delle istituzioni – l’Italia sarebbe oggi un Paese molto più arretrato e molti articoli della Costituzione non sarebbero stati applicati».

Queste le parole di Livia Turco, ex ministro della Solidarietà sociale dal 1996 al 2001 e della Salute dal 2006 al 2008, oggi presidente della Fondazione Nilde Iotti, arrivata a Rieti per presentare il volume “Le leggi delle donne che hanno cambiato l’Italia”.

Ed è proprio il libro, scritto dalle volontarie della Fondazione Nilde Iotti, a sottolineare e rimarcare «il debito che l’Italia ha nei confronti delle donne».

Una lunga marcia, dalla nascita della Repubblica fino alle ultime legislature, verso i diritti che hanno cambiato la vita delle donne oltre che l’assetto economico, sociale e culturale dell’Italia.

A parlare del volume tutte donne: oltre all’onorevole Turco, la direttrice di Unindustria, Rosalia Martelli, l’Assessore regionale al Lavoro, Lucia Valente, la direttrice della CNA, Enza Bufacchi. Con loro il vice sindaco Emanuela Pariboni e la consigliera alle Pari Opportunità Pamela Franceschini.

Una lunga chiacchierata, farcita di ricordi ed aneddoti, per segnare il difficile percorso che le donne hanno alle spalle.

«Ci sono date – ha detto Livia Turco – che non possono essere dimenticate come l’anno 1963 quando finalmente anche le donne possono accedere alla magistratura o il 1975 quando entra la parità tra i coniugi nel diritto di famiglia. Nel 1981 il “delitto d’onore” non è più riconosciuto nel diritto penale e nel 1996 la violenza sessuale è reato contro la persona e non contro la moralità pubblica e il buoncostume. Ma non basta, perché resta ancora molto da fare per le donne e per il ruolo fondamentale che hanno nella società».

Livia Turco si impegna in prima persona per promuovere tra i giovani il messaggio della politica «che ci ha lasciato in eredità Nilde Iotti. Eleganza come cultura, apertura agli altri e alle altre come servizio e promozione del bene comune. La valorizzazione delle competenze femminili per il governo del Paese, la convivenza tra italiane e immigrate sono le attività che svolgiamo attraverso l’impegno delle donne che ne fanno parte».
Tra i tanti temi affrontati non poteva mancare quello legato ad un connubio con ancora troppi punti negativi, donna e lavoro.

E la Turco ha sottolineato come «non tutto ancora è stato risolto, perché non si può pensare che si debba scegliere se essere mamma o lavoratrice e proprio per questo, durante il mio incarico, ho sempre tenuto a sottolineare di essere una ministra mamma».

E manco a farlo apposta proprio a chiusura della riflessione arriva un sms che legge di fronte a tutti.

«È mio figlio – dice sorridendo – ha appena finito l’esame e scrive che sta ripartendo. Ero in attesa da questa mattina».

E poi si torna a parlare di quello che «ancora c’è da fare perché il nostro è un Paese che ha ottime leggi che non vengono però applicate e soprattutto monitorate. E noi donne dobbiamo far sì che invece vengano applicate e rispettate e soprattutto diventino leggi di Governo perché gli strumenti legislativi, per essere efficaci, vanno tradotti in politica».

Dello stesso parere anche l’assessore Valente che incalza «ha ragione l’onorevole Turco, le leggi vanno fatte, ma poi anche applicate. Ho una figlia di 13 anni che qualche mese fa ha visitato la Casa delle Donne di Roma e per lei è stato un po’ come entrare in un museo. Questo perché per lei, come per tante sue coetanee, i diritti delle donne sono cosa assodata. Loro partono avvantaggiate perché il lavoro più grande è stato fatto da chi le ha precedute».

Ed è sempre Lucia Valente a parlare della differenza di genere e di quando «iniziando la libera professione, mi sono accorta che esisteva realmente. L’avvocatura era un mestiere difficile per una donna perché non hai orari e devi misurarti con i ritmi degli uomini. Se avessi voluto avere più figli avrei dovuto rinunciare al lavoro. Ecco. Parlare di tipologia di lavoro da scegliere è differenza di genere. Per una donna pianificare il suo futuro significa dipendere anche dai diversi tipi di contratti di lavoro e questo non dovrebbe esistere».

Ma poi ci sono anche le soddisfazioni come quando «nel 2002 alla facoltà di Giurisprudenza de La Sapienza – racconta – sono stata chiamata con due colleghe e siamo state le prime tre donne a far parte del corpo docente. E stiamo parlando di dodici anni fa, non di trenta».

Anche Rosalia Martelli, direttrice Unindustria racconta dei suoi inizi e delle zie «che facevano parte dei primi movimenti femminili degli anni Settanta. A differenza di Lucia Valente ho iniziato la mia carriera in uno studio legale dove eravamo tutte donne e solo il dominus era un uomo, ma comunque non ci permetteva di esprimerci più di tanto. Poi qualcosa è cambiato, anche all’interno di Unindustria dove si è iniziato a parlare di imprenditoria al femminile. Questo libro lo consiglierei soprattutto ai ragazzi, oltre che alle ragazze, perché noi donne dobbiamo ancora misurarci con alcune lotte fondamentali per migliorare le cose».

Ed è ancora Livia Turco ha sottolineare l’importanza del libro che «ci spiega come sempre si sono ottenute leggi attraverso l’alleanza fra donne. Questa è l’esperienza che ho fatto in Parlamento e ho perseguito tenacemente: fare alleanze con donne di ogni appartenenza politica. Nel rispetto delle diverse visioni. Molti diritti, che oggi sembrano scontati, sono frutto di un impegno femminile nella vita politica e nell’evoluzione legislativa del nostro Paese che ha portato ad un cambiamento radicale in ambito sociale, culturale e giuridico. È sempre più chiaro come la politica vada ripensata non più in termini di scontro con l’altro, ma di relazione attraverso una discussione costruttiva».