Ha messo in evidenza il contrasto tra la volubilità della folla e la coerenza di Gesù, il vescovo Domenico, commentando il lungo brano della Passione durante la messa della Domenica della Palme. In una Cattedrale gremita, mons Pompili si è soffermato sulla natura delle masse e del potere, sull’abitudine di andare in soccorso al vincitore e di prendere la distanza dal perdente, che viene guardato con sospetto.
La celebrazione è partita dalla chiesa di Sant’Agostino, dove si è svolto il rito di benedizione dei rami, seguito dalla processione dei fedeli delle parrocchie del centro città, animata dai canti e accolta in Santa Maria dal suono dell’organo e dalle voci del coro.
«La gente, cioè noi, ama il potere e adora chi lo esercita, lo porta in trionfo in un tripudio di consensi», ha spiegato il vescovo, cogliendo nella vicenda di Gesù quanto velocemente «il giubilo si trasforma in dramma».
Ma non è questo il cuore del lungo racconto della Passione secondo Luca: don Domenico ha preferito porre la lente sul personaggio del centurione, «uno che ne aveva viste di tutti i colori, sicuramente disincantato». Eppure di fronte al dramma della Croce è lui a riconoscere la dignità di Gesù e a dire: «quest’uomo era veramente giusto». Giusto, nonostante neppure lui sia stato risparmiato dalla lotta con la tentazione, sostenuta con la preghiera. E più ancora colpisce che mentre il Maestro vive questo conflitto, «non irradia attorno rancore, ma perdono». Come nel «commovente lo sguardo scambiato con Pietro dopo il triplice rinnegamento», o quando «lascia senza parole» per quello che dice ai due malfattori: «Padre perdona perché non sanno quello che fanno».
«È questo perdono che non cede al rancore che ci mostra chi è Dio», ha aggiunto il vescovo appoggiandosi a un celebre verso di Fabrizio De André. Occorre dunque lasciarsi «conquistare da questo uomo veramente giusto, che capovolge l’immagine di Dio e il senso della vita». Vita, ha concluso don Domenico, fatta di uno «struggimento continuo che brama la felicità». Un anelito che forse rimane senza risposta, ma «se vogliamo, da oggi c’è questa compagnia del crocifisso, di questo uomo giusto che trasforma il dolore in amore».