Il lavoro della Nicla presepi nacque per una passione del capofamiglia Claudio Balestrieri. Claudio iniziò quasi per gioco l’attività che oggi tiene in piedi l’azienda familiare di San Sebastiano al Vesuvio, alle porte di Napoli, conosciuta in Italia e in Europa per la sopraffina arte presepiale artigianale.
«Esportiamo le nostre statuette in molti Stati, soprattutto in Spagna e in Germania ma anche in Portogallo, Francia e Australia, talvolta negli Stati Uniti e in altri Paesi», racconta Nadia, che ora gestisce il laboratorio creato anni fa dal padre. Un lavoro certosino che certamente non si concentra solo nel periodo natalizio, ma prosegue ininterrotto per tutto l’anno, su commissione e non. E in questo periodo, nel faldone degli ordini della Nicla c’è anche quello per il presepe che il maestro Francesco Artese sta realizzando appositamente per la suggestiva location degli archi di Palazzo Papale di Rieti. «Quelli che stiamo in procinto di creare secondo i disegni di Artese sono costumi un pò atipici per noi, siamo abituati a prepararne moltissimi di foggia napoletana: questi saranno invece medievali, e tipici del centro Italia».
Le sorelle Balestrieri non si fermano un istante, prese dalle commissioni per i personaggi che abbigliano con costumi interamente fatti a mano e curati nel minimo dettaglio. Opere uniche e a volte molto complicate da realizzare: «ricordo con maggior soddisfazione e fatica quelli realizzati per piazza San Pietro nel 2012, erano di grandi dimensioni e di colore scuro, fu un lavoro molto complicato soprattutto per lo sforzo degli occhi, ma fu naturalmente anche molto gratificante».
Un paio d’ore in tutto per “vestire” un solo pastorello, utilizzando una tecnica personalizzata che non prevede cuciture: «niente ago e filo, le stoffe si adagiano sul corpo della statua fissandole con una speciale colla. In tal modo le pieghe, le arricciature, tutti gli effetti dell’abito vengono modellati direttamente sul personaggio rendendoli naturali e realistici».
Una produzione molto variegata nella tipologia di prodotti, che consente di esaudire i desideri personalizzati di tutti gli acquirenti: «cerchiamo di accontentare tutti, creiamo costumi per qualsiasi tipologia richiesta dal cliente, ma sempre mantenendo il filo con la tradizione e rispettando il senso ultimo del messaggio lanciato dalla scena della Natività: è per questo che abbiamo detto no alle richieste troppo bizzarre, che rischiavano di snaturare la spiritualità dell’idea di base del presepe, nata proprio nelle vostre zone da San Francesco».
Tra le richieste più strane, quelle inerenti a personaggi non tradizionali da posizionare nel presepe, come ad esempio una vivace ballerina di tarantella napoletana molto voluta da un cliente tedesco. «Uno dei momenti cruciali del nostro lavoro si svolge subito dopo le feste di Natale, alla fiera campionaria Festivity di Milano. Lì mostriamo alla clientela le nostre creazioni e le nostre novità e raccogliamo gli ordini per il Natale successivo. Il resto dell’anno è dunque impiegato nel lavoro artigianale di creazione delle opere per poi spedirle a destinazione in tempo per l’allestimento».
Saranno più o meno settanta le statuette di terracotta alte circa quaranta centimetri plasmate a Caltagirone dal maestro terracottaio Vincenzo Velardita, dipinte dal maestro Artese e poi “vestite” dalla Nicla, che arriveranno sotto Natale a Rieti per animare l’esclusivo presepe degli archi del vescovado, che rimarrà di proprietà della Diocesi. Un’opera molto voluta dal vescovo Domenico per la seconda edizione della Valle del Primo Presepe, che ricreerà artigianalmente proprio i nostri luoghi francescani dove il presepe ha avuto origine, e rappresenterà per sempre un valore inestimabile a beneficio di tutti i reatini e di tutti i visitatori.
Mentre le sorelle Balestrieri si alternano al telefono per la nostra chiacchierata, non è difficile immaginare il loro laboratorio intriso di storia e ricordi, tra pastori statici e pastori in movimento, Bambinelli e Re Magi «i più difficili da realizzare, perché vestiti con costumi elaborati e sfarzosi», e poi scampoli di stoffa e pungente odore di colla: il tutto ancor più atipico, se si pensa alla scena tipicamente invernale creata nel bel mezzo della calura estiva. «Siamo abituate, per noi non è per nulla strano, è il nostro lavoro», rispondono le sorelle. Chiedo timidamente se non sia un lavoro troppo ripetitivo da svolgere negli anni. La risposta è unanime e decisa: «impossibile stancarsi: lo amiamo troppo».