Dalla Madonna la grazia di non chiuderci alla speranza

Una giornata importante per Cantalice, che come tradizione la seconda domenica di Pasqua ha festeggiato la sua Madonnina dalle gote rosse arroccata su un’altura. Ai festeggiamenti, celebrati in una mattinata assolata e carica di entusiasmo, ha partecipato anche il vescovo Domenico, affiancato tra gli altri da padre Mariano Pappalardo, responsabile diocesano per le confraternite e per il servizio di Evangelizzazione e Catechesi, e da monsignor Gottardo Patacchiola e don Nicolae Zamfirache.

Attimi di commozione a Cantalice quando la Confraternita di Maria Santissima delle Grazie ha consegnato a monsignor Gottardo Patacchiola la mantellina azzurra bordata in oro, a simbolo delle sue recenti nozze d’oro con il sacerdozio. «Nessuno dimentica il giorno in cui abbiamo incoronato la statua della Madonna con la nuova corona in oro – ha ricordato il priore – come nessuno dimentica i tanti obiettivi raggiunti grazie alla tua guida e al tuo entusiasmo».

Una giornata importante per il paese, che come tradizione la seconda domenica di Pasqua ha festeggiato la sua Madonnina dalle gote rosse arroccata su un’altura. Ai festeggiamenti, celebrati in una mattinata assolata e carica di entusiasmo, ha partecipato anche il vescovo Domenico, che ha presieduto la messa. «Non dobbiamo lasciarci andare alle lamentele, non dobbiamo cedere al pessimismo, non dobbiamo lasciarci prendere dall’apatia», ha esortato mons Pompili, scuotendo la popolazione. «Ci richiudiamo in noi stessi, diventiamo sospettosi e paurosi, amplifichiamo i nostri limiti e le nostre incertezze. Viviamo male, come quella quindicenne di Torino, che non si sentiva abbastanza bella e ha pensato di farla finita sotto il treno».

Un passaggio sul tempo pasquale, la Resurrezione di Gesù come motivazione di vita, «per assicurarci che le nostre ferite possono diventare delle feritoie attraverso le quali scorgere la vita da un altro punto di vista. Non si può evitare di farsi male e di star male. Ma non è la fine». Don Domenico cita San Tommaso, incredulo di fronte al sepolcro aperto: «le esitazioni di Tommaso sono le nostre. Le sue incertezze sono le nostre. Ma anche il suo slancio di fronte alle ferite di Gesù può diventare il nostro. Credere è scommettere che anche le ferite possono farci crescere e perfino il dolore può trasformarsi in vita, se diventa il segno dell’amore e non della rassegnazione. Allora le nostre disabilità più che inchiodarci ci costringono a inventare, creare, trovare soluzioni alternative per rappresentare la vita, invece di usare il solito pennello sulla solita tela, con i soliti colori. Credere è vedere al di là dell’orizzonte, non limitarsi ad osservare la realtà così com’è, come appare».

Dopo la messa, la processione si è snodata da Cantalice superiore a Cantalice inferiore, con la statua della Vergine portata a spalla dai confratelli su per la ripida scalinata che porta alla chiesetta dove la Madonnina dimora nel resto dell’anno. Il paese non ricordava da anni un vescovo che accompagnasse la processione per tutto il lungo e nell’ultimo tratto difficoltoso percorso di ritorno, gesto particolarmente apprezzato dalla comunità cantaliciana come segno di devozione del proprio pastore verso la Madonna delle Grazie.