Dalla compassione di Gesù alla vittoria dell’uomo

Leggi e rileggi:

Venne da lui un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: “Se vuoi, puoi purificarmi!”. Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: “Lo voglio, sii purificato!”. E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: “Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro”. Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

(Mc 1,40-45)

Medita e rifletti

Gesù non è un guaritore distratto e frettoloso, né un taumaturgo spinto da interessi di fama e di popolarità, e neppure un predicatore insensibile. I suoi interventi miracolosi spesso sono dettati da un coinvolgimento emotivo nei confronti del bisognoso che gli sta davanti. Egli sente compassione per la sofferenza di chi si rivolge a lui. Dinnanzi alle mille facce del dolore il suo cuore freme, la sua anima è interiormente e intimamente coinvolta. Non riesce ad essere spettatore indifferente della penosa storia dei suoi interlocutori. Una forte, viscerale, sublime compartecipazione afferra tutto il suo essere fino alle lacrime (è il caso del pianto di Gesù per la morte dell’amico Lazzaro, o per il destino di sofferenza che attende Gerusalemme).

Nulla, forse, come la compassione descrive e manifesta la più profonda identità di Gesù: il Dio che prende su di sé la morte dell’uomo, il Dio che con l’uomo patisce.

Uno sguardo di infinita tenerezza accarezza l’esistenza di ciascun uomo. E’ lo sguardo di Dio che raccoglie le nostre lacrime nel suo calice; è lo sguardo amoroso e folle di colui che ha desideri di vita e di pace per tutte le sue creature, di colui che condivide quel male mordace che azzanna e soffoca l’esistenza dell’uomo. Come potrebbe il creatore restare indifferente quando l’uomo, che è la gloria di Dio, viene gettato nel fango e calpestato da ogni sorta di male fino ad essere sfigurato?

Vertice estasiante della compassione di Gesù è il mistero pasquale. Sulla croce egli non solo patisce con l’uomo, ma soffre e muore per l’uomo, caricandosi delle nostre molteplici infermità, assorbendo ogni nostro male e malvagità, divenendo egli stesso peccato affinchè il peccato sia distrutto, accogliendo la morte perché la morte sia annientata.

In questo modo la sua compassione è divenuta sorgente di vita, scaturigine della vittoria dell’uomo su tutto ciò che lo umilia e lo degrada. Non più a lungo poteva sopportare Dio la condizione disonorevole dei suoi figli. Lui, il buon samaritano… Iddio!

Spesso mi accade di passare in modo frettoloso e distratto accanto alle sofferenze di uomini e di donne, incapace di un cenno, di un gesto. Spesso le più atroci disgrazie occorse ai miei simili mi lasciano nell’indifferenza o mi fanno pensare che “per fortuna non è capitato a me”. Nella migliore delle ipotesi allungo del danaro, ma il cuore è pietrificato. E’ come se ormai avessi fatto l’abitudine alla sofferenza e al dolore, alla povertà e all’indigenza, alle lacrime e alla disperazione, e vi rispondo con gesti meccanici e distratti. Altri sono i pensieri che catturano la mia attenzione.

“Non c’è rimedio al male”, si dice, e dichiariamo la nostra sconfitta. “Non c’è niente da fare”, si afferma, e confessiamo la nostra impotenza. “Siamo tutti sulla stessa barca”, si sentenzia, e camuffiamo la nostra indifferenza. “Meglio a lui che a me”, sfacciata legge della sopravvivenza!

La plurisecolare storia dei discepoli di Cristo, è costellata di uomini e di donne che si sono presi a cuore la sorte dei loro simili, e si sono fatti carico delle loro necessità, non di rado fino all’estremo.

Domani ci sarà ancora qualcuno capace di gridare la sua compassione? Ci sarà ancora qualcuno capace di sedersi accanto al dolore? Ci sarà domani ancora qualcuno capace di fermare i suoi passi dinanzi alla sofferenza, qualcuno che saprà aver lacrime non solo per se stesso? Ci sarà qualcuno o dovremo attendere ancora un Dio?

Sento che la mia vita è avvolta dalla compassione di Dio?

Di fronte alla miseria di tanti fratelli il mio cuore sa fremere? Mi sento coinvolto? So che i “poveri” mi appartengono ed io appartengo a loro?

Quali sono le motivazioni che mi impediscono di essere nel mondo e per gli uomini segno concreto dell’amore compassionevole e misericordioso di Dio?

Prega:

Signore Gesù, uomo e Dio compassionevole, che mai hai sfiorato la vita dei tuoi contemporanei con indifferenza, aiutami a non far l’abitudine al dolore e alle sofferenze che deturpano l’uomo e il mondo. Rendimi capace di farmi carico di ogni lacrima, di ogni anelito, di speranza di riscatto. Il grido di liberazione e di salvezza che sale da ogni angolo della terra trovi in me un orecchio attento, un cuore disponibile, una mano pronta.

Agisci:

Ogni richiesta di aiuto non mi troverà distratto. Nell’impossibilità a far di meglio, posso sempre regalare del tempo, un sorriso, una parola di conforto, una carezza, una stretta di mano.