Ci siamo rivisti insieme, alcuni addirittura dopo mezzo secolo ed altri dopo quarant’anni, i consiglieri emeriti del comune di Rieti, su desiderio ed invito dell’onorevole Franco Coccia che alcuni giorni fa espresse, innanzi al Parlamento, all’onorevole Franco Proietti e ad Andrea Ferroni “il piacere di rincontrare, in una occasione conviviale, alcuni dei protagonisti con i quali ho avuto l’opportunità di vivere, a Rieti, la stagione politica degli anni ’60 e ’70”. Il che Proietti e Ferroni hanno fatto.
Così ieri, presso il Casale di Villa Battistini, hanno risposto ad un invito che già alla vigilia supponeva un revival pieno di sentimenti e di ricordi: i senatori Antonio Belloni ed Angelo Dionisi, l’onorevole Franco Proietti, i sindaci di quei tempi Ettore Saletti e Agostino Giovannelli, gli ex assessori Olinto Petrangeli, Andrea Ferroni, e chi scrive, assieme ai consiglieri Antonio Serani e Sergio Rinaldi. Alcuni di coloro che avevano dato il loro assenso, purtroppo all’ultimo sono dovuti ricorrere al forfait.
Come non tutti sanno, Coccia è di Roccantica, figlio di Ugo, eletto segretario del Partito socialista italiano nel 1928, poi in esilio e capo della Concentrazione antifascista in Francia. Divenne consigliere di Rieti per il PCI nel ’60, deputato nel 1963 e riconfermato per molte legislature e consigliature fino al’87. A Montecitorio fece parte della segreteria della presidenza Ingrao e quindi presiedette la prima sezione del Consiglio superiore della Magistratura. A Palazzo di Città era lui che guidava, assieme al defunto senatore Luigi Anderlini, l’opposizione socialcomunista, della quale facevano parte i giovanissimi, allora!, Proietti e Dionisi.
Il repubblicano Saletti diventò sindaco nel ’74. Poi vennero Vella e Giovannelli. Il democristiano Belloni era uno dei capi del partito di maggioranza relativa della DC assieme a Loris Scopigno e a Carmine Falivene.
Ovvie ed immaginabili le sorprese nel rivedersi per quelli giunti a Villa Battistini, non tutti indenni dai segni e dalle tracce lasciate dal tanto tempo trascorso da quelle imprese ed intense battaglie avvenute nell’Aula Calcagnadoro, dove però l’on. Coccia, ha ricordato e tutti hanno assentito, sottolineandolo, come erano fatte salve la dignità della persona, il rispetto dei ruoli di ognuno, il linguaggio adeguato alla sacralità civica del luogo.
In chiusura del conviviale, l’on. Coccia ha preso la parola per dire che “i tempi in cui noi abbiamo operato erano quelli nei quali, anche se con le divisioni ideologiche e partitiche, la nostra società italiana segnò uno sviluppo inimmaginabile. Abbiamo ricostruito il Paese dopo la guerra. L’Italia passò dalle macerie al miracolo economico ed in cinque anni DC,PCI,PSI, PRI la portarono ad occupare il quinto posto nella classifica delle potenze economiche d’Europa. In questo momento di abbattimento quale è quello di questi ultimi anni, ciò non dobbiamo dimenticarlo perché ancora possiamo farcela. Il voto di domenica scorsa è un segnale d’unità in tal senso ed il risultato non era più tale dal ’58. Anche questa nostra provincia ebbe allora un lungo momento di opulenza grazie ad una classe politica e dirigente che espresse una buona cultura e realizzò uno sviluppo di cui furono artifici il mio grande amico Malfatti, Bernardinetti, Anderlini, Cirese.
Rieti si distinse con quella classe dirigente differenziandosi molto da Latina, Viterbo e da Frosinone che rimasero sottotono. Vivemmo una stagione di grandi iniziative e fervori. Per me Rieti fu allora una città di avanguardia, felicemente collocata e relazionata all’Umbria. Tra questi promotori della nostra vita politica di quei lontani ani ricordo anche Matteucci e Fenoaltea e il ruolo recitato da Loris Scopigno, nella sua funzione di capogruppo della DC, quando si trattava di trovare soluzioni per cui si potesse votare insieme le pratiche che di amministrativo e di concreto avevano molto e che bisognava liberare delle eccessive incrostazioni di carattere ideologico.
Auguro adesso ai nuovi e giovani amministratori cittadini che abbiano a trovare la capacità e la forza per esprimersi come capitò a noi. E riprendendo quel che ho detto e per lo sviluppo che ebbe Rieti, voglio aggiungere che quella di quei lontani anni, fu una politica alta, realizzata da una classe dirigente motivata, adeguata e rispondente alle urgenze che il popolo reatino evidenziava, allora, ad iniziare dall’occupazione».
Di seguito sono stati elencati un po’ da tutti, i successi di quegli anni: il piano regolatore generale del ’72, il nuovo ponte sul Velino Giovanni XXIII, la realizzazione della nuovissima illuminazione, il palazzetto dello sport e il palazzo di Campoloniano, i pozzi di Vazia per le nuove esigenze idriche della città che cresceva, il nuovo ospedale generale provinciale, le scuole elementari Radice e Minervini, le scuole medie Pascoli, Sisti, Ricci, l’edificio dell’Istituto Vanoni, il nucleo industriale e il nuovo depuratore, l’asfaltatura di tutte le strade della Piana reatina, l’azienda servizi municipali, i nuovi quartieri. «Tutto e di più in quegli anni ’60 e ’70 in cui maggioranza e minoranza battagliavano, senza però perdere di vista gli interessi generali dei cittadini».
A seguire è toccato al senatore Belloni, che ha ricordato il forte contributo dato dai cattolici democratici allo sviluppo di Rieti, al suo ingresso nell’elite delle città italiane che progredivano nel benessere e nel lavoro, bloccando la fuga dalle montagne e dalle campagne grazie al nucleo industriale che azzerò quasi la disoccupazione, allo sviluppo urbanistico e a quello turistico con in testa il Terminillo, alla cultura incentivata in modo intelligente, come al moltiplicarsi delle nuove istituzioni scolastiche sia in città che in provincia.
Belloni ha poi affermato che ai rilevanti progressi fatti dal terziario avanzato e dal settore industriale, rispose lodevolmente anche quello delle comunicazioni viarie. Il clima esistente in consiglio comunale era di forte contrasto tra la maggioranza e l’opposizione, ma mai di scontro personale. Riguardo ancora ai rapporti tra diversi ed opposti partiti, il sen. Belloni ha tenuto a ricordare che spesso la semplicità ma anche la sapienza del consigliere Felicetto De Sanctis erano a smorzare i toni della polemica, diluendo le divergenze in un intelligente sorriso e in una battuta, così da spegnere l’eccessivo calore della passione politica.