Comune di Rieti: verso il fondo anti-dissesto

Il prossimo 4 febbraio il Consiglio Comunale si dovrà pronunciare su un tema piuttosto delicato.

Tra gli argomenti all’ordine del giorno, infatti, c’è la l’adesione della città di Rieti al fondo rotativo anti-dissesto previsto per i Comuni italiani.

«Una scelta che richiederà una discussione franca e priva di inutili strumentalizzazioni ideologiche o di parte» ci dice il consigliere di opposizione Andrea Sebastiani che spiega: «data la situazione sarà piuttosto necessario fare ricorso ad un esame oggettivo dei problemi e ad un concreto senso di responsabilità».

Ma cos’è il fondo anti dissesto?

Sostanzialmente è un prestito pluriennale che lo Stato concede ai Comuni i cui squilibri di bilancio sono tali da metterli a rischio, appunto, di dissesto. Oggi il Comune di Rieti si trova in una situazione oggettivamente difficile. L’ente è gravato da debiti importanti a fronte di una liquidità prossima allo zero.

Di conseguenza l’accesso al fondo sembra un passo obbligato…

Beh, come dicevo occorre fare una valutazione attenta. Non è che il fondo anti-dissesto cancelli magicamente il debito. Lo strumento nasce con lo scopo di sostenere i Comuni. Ha di buono che permette di rifinanziare i debiti, spalmarli su un tempo che può arrivare ai dieci anni. Inoltre sospende eventuali azioni esecutive da parte di terzi. Però è concesso a fronte di condizioni decisamente stringenti.

E cioè?

Intanto bisogna ricordare che il prestito è soggetto ad interessi legali, anche se presumibilmente più bassi di quelli del normale circuito creditizio. Una volta concesso, inoltre, le sue condizioni non possono essere rinegoziate. E va precisato che tra le condizioni, oltre a tempi di rientro ineludibili, c’è l’obbligo di mettere mano a consistenti tagli della spesa.

In altri termini per ottenere il finanziamento il Comune dovrebbe necessariamente diminuire l’erogazione di servizi?

Sostanzialmente è così. Se lunedì il Consiglio Comunale deciderà per l’accesso al fondo anti-dissesto, entro i 60 giorni successivi l’Amministrazione sarà tenuta a spiegare in modo dettagliato alla Corte dei Conti e al Ministero degli Interni quale piano intenda seguire per ripagare il prestito. Gli strumenti sono obbligati: riduzione delle prestazioni, compressione della spesa per il personale, dismissione del patrimonio immobiliare e un alto livello di pressione fiscale.

Quindi l’accesso al fondo salva comuni rischia sostanzialmente di ingabbiare l’attività amministrativa su un percorso obbligato…

Sì, il rischio è questo. E per la durata di un paio di consiliature. Per questo è il caso di andarci con i piedi di piombo. Anche perché la legge che istituisce il fondo risale al dicembre 2012 ed è ancora sprovvista dei decreti attuativi. La materia quindi è ancora un po’ fumosa.

Ma il problema dei conti del Comune c’è ed una decisione andrà pur presa!

Certo. Però è necessario verificare se non si possa fare altrimenti. C’è una serie di questioni su cui vale la pena riflettere. Nel bilancio del Comune, ad esempio, ci sono 18 milioni di euro di cartelle esattoriali non riscosse. Sono ferme presso le agenzie Equitalia, non solo a Rieti, ma su tutto il territorio nazionale, poiché seguono il domicilio del debitore. Facendo i conti all’ingrosso sono 9 milioni di Tarsu, 4 di Ici, e altri 4 di multe per violazioni del Codice della Strada. Il resto se lo dividono imposte come la Tosap e l’Imposta di Pubblicità. Prima di fare una scelta che condizionerà in modo pesante i prossimi anni, sarebbe il caso di valutare quali benefici potrebbe portare una seria lotta all’evasione delle imposte locali…

Infografica Evasione Rieti

Sarebbe una prospettiva credibile?

Bisogna essere intellettualmente onesti. Una parte di quei crediti, sia verso le imprese che verso i cittadini, potrebbero effettivamente risultare inesigibili, ma al momento non sappiamo in quale misura. È noto invece lo scarso impegno del Comune, che recupera con successo appena il 16% del dovuto. Occorre spingere l’Amministrazione ad un maggiore rigore da questo punto di vista. Inoltre non bisogna dimenticare che il Comune ha una certa disponibilità di immobili.

Quelli che dovrebbe comunque impegnarsi a vendere per accedere al fondo anti-dissesto. Mercato permettendo…

Infatti. La dismissione di beni pubblici non è mai desiderabile, e vanno certamente conservati i beni di pubblica utilità. Ma ciò non toglie che il Comune dovrebbe comportarsi come il buon padre di famiglia, cercando di recuperare le risorse dove si trovano. Se riuscisse, la vendita degli immobili potrebbe portare una consistente liquidità nelle casse comunali, sia direttamente, sia perché in mano privata gli immobili sarebbero soggetti al fisco locale, quindi gravati da Imu e Tarsu. Peraltro non tutto andrebbe venduto: il Comune dispone sicuramente di locali in locazione il cui affitto è al palo da troppo tempo. Anche la rinegoziazione dei canoni sarebbe di aiuto per le casse comunali.

Però la spesa va comunque rivista.

È ovvio che laddove le spese sono sproporzionate o insostenibili bisogna razionalizzare. Ciò che va valutato è se l’insieme delle strategie cui ci costringerebbe il ricorso al fondo anti-dissesto non possano essere adottate con profitto per evitare la sua pesante ipoteca. E quand’anche si dovesse decidere per la richiesta di aiuto allo Stato, va ricordato che si può aderire al fondo senza formalizzare da subito una richiesta finanziaria determinata.

Ma non sarebbe meglio se il debito lo pagasse chi lo ha fatto?

Nella situazione attuale sarebbe inutile negare le responsabilità delle Giunte precedenti. I problemi che stiamo affrontando non vengono dal nulla. Politicamente sono state fatte delle scelte e probabilmente sono state tentate risposte sbagliate ai problemi. Quanto agli illeciti veri e propri, se davvero ci sono, vanno giustamente rimessi alla Magistratura. Però sarebbe ora di smetterla di guardare all’indietro per cominciare ad affrontare i problemi razionalmente, con senso pratico, cercando di non muoversi per partito preso.