Anche nella Chiesa: una questione di ‘governance’

Ma sempre esercitata all’interno di una serena dialettica ecclesiale, nel solco del binomio ”riforma e purificazione”. Una rilettura di Gaetano Dammacco alla luce anche del pontificato di Francesco con le sue profonde innovazioni. A partire dal forte impulso ai processi sinodali.

Riforma e purificazione. Potrebbe essere questa la cifra sintetica con cui rileggere le cronache ecclesiali dell’ultimo anno. Dalla rinuncia al ministero petrino di Benedetto XVI alle Congregazioni generali, dal Conclave all’elezione di Papa Francesco e, con questa, alla nuova stagione aperta per la Chiesa universale e particolare.

Riforma e purificazione. Quasi ad indicare un percorso non solo esteriore, ma soprattutto interiore. La prima, infatti, da sola diventa una semplice riorganizzazione burocratica; mentre la seconda una spiritualizzazione dei problemi che non incide sulle pratiche comunitarie e collettive.

Riforma e purificazione. Da leggere, pensare, tradurre e vivere sempre insieme. Non è una novità questa. È la storia della Chiesa a testimoniarlo. Basta pensare a Gregorio VII, ai nuovi ordini religiosi medievali, al Concilio di Trento, al Vaticano II… Ogni progetto di riforma istituzionale attecchisce solo se si collega a un cambiamento delle mentalità e dei costumi. Un cambiamento, quindi, che va oltre le strutture e interpella ciascun credente.

Riforma e purificazione. È questo uno dei grandi temi che giunge dai primi sedici mesi di Pontificato di Francesco. Un tema che sta coinvolgendo, in modo particolare, il modo di “governare la Chiesa” affinché questa mostri sempre più la sua dimensione comunitaria e missionaria. Non è un caso che il verbo “uscire” e la parola “uscita” siano fra i più presenti nell’esortazione apostolica “Evangelii Gaudium”, oltre 20 volte, e facciano parte del lessico del Pontefice. È come se il Papa indicasse, con queste sottolineature, un vero e proprio stile di governo.

Un approfondimento efficace di questo approccio arriva dal libro “Governare la Chiesa. La governance e il governo” (Ed. Aracne) di Gaetano Dammacco, docente di diritto ecclesiastico e diritto canonico all’Università di Bari. “L’obiettivo del volume – spiega l’autore – è far conoscere le principali istituzioni del governo della Chiesa nella sua dimensione universale e nella dimensione particolare, comprendendo quale rapporto di derivazione esiste tra la natura della Chiesa, che è anche una peculiare società visibile legata dal vincolo della comunione tra i suoi fedeli, e le strutture necessarie per il suo governo”. L’elemento di novità che emerge dallo studio del docente è l’applicazione del termine governance al “governo della Chiesa”.

La governance, afferma Dammacco, “può rappresentare un nuovo modo di ordinare nella loro ratio le azioni della Chiesa con riferimento all’aspetto organizzativo per renderle più flessibili, più giuste, più adeguate alla logica evangelica e al più ampio coinvolgimento dei soggetti del popolo di Dio e degli uomini di buona volontà, diffondendo un più alto grado di speranza, di fiducia e producendo interazioni tra soggetti, che nelle vicende quotidiane sono cercatori di Verità”. Ed ancora: “La relazione tra governance e governo nella vita della Chiesa traduce le linee d’indirizzo generale in azioni concrete attuative nella quotidiana esperienza della vita ecclesiale e, al contempo, è espressione di una cultura di governo animata da una carica di dinamicità, direttamente proiettata nella ricerca dell’unità e della comunione, garantita dallo Spirito, che dona unità a ogni atto e azione”. Tra governance e governo, annota ancora il docente, vige una “relazione dinamica” che “prospetta una cultura di comunione e unità, rispettando le singole funzioni e le differenti competenze in un quadro di collegialità”.

Illuminanti, in tal senso, sono le parole di Papa Francesco nell’intervista a “La Civiltà Cattolica” quando, dopo aver raccontato la propria “esperienza di governo” nella Compagnia di Gesù – “è stato il mio modo autoritario di prendere le decisioni a creare problemi” -, sottolinea l’importanza della “consultazione”. E racconta: “Da arcivescovo di Buenos Aires ogni quindici giorni facevo una riunione con i sei vescovi ausiliari, varie volte l’anno col Consiglio presbiterale. Si ponevano domande e si apriva lo spazio alla discussione. Questo mi ha molto aiutato a prendere le decisioni migliori. E adesso sento alcune persone che mi dicono: ‘Non si consulti troppo, e decida’. Credo invece che la consultazione sia molto importante. I Concistori, i Sinodi sono, ad esempio, luoghi importanti per rendere vera e attiva questa consultazione. Bisogna renderli però meno rigidi nella forma. Voglio consultazioni reali, non formali”.

Nulla di strano, dunque, nei ripetuti accenti alla collegialità, alla sinodalità, alla dimensione della communio (comunione), che nella prospettiva del Vaticano II comporta elementi di partecipazione… Sia chiaro non viene messa in discussione la struttura della Chiesa, che è gerarchica per volontà di Cristo. Sono piuttosto le forme di comportamento, gli stili, a essere messi in discussione.

Ritornano qui alla mente due affermazioni che, con sfumature diverse, si tengono insieme: “Ecclesia semper reformanda”; “Ecclesia semper purificanda”. La prima è un famoso slogan protestante. La seconda giunge dalla “Lumen gentium” (8), la costituzione dogmatica sulla Chiesa del Vaticano II. Entrambe danno le coordinate precise del nuovo percorso tracciato da Francesco anche nel “governare la Chiesa”: riforma e purificazione.