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Chiesa e modernità dentro e fuori la rete. Le contraddizioni del presente

Certi attacchi alla Chiesa sui social network lasciano con l’amaro in bocca. Non tanto per gli argomenti, ma perché sembra andare persa l’occasione di raccogliere quanto la dimensione religiosa può muovere positivamente nella società

Sulla Chiesa se ne dicono tante e cattive. Non mancano certo le difficoltà, ma fa impressione la mole di notizie false o manipolate che gira sul web. Materiale puntualmente ripreso e disinvoltamente commentato sulle reti sociali, con parole che sanno spesso di pregiudizio, di odio, di incitazione alla violenza. Nulla – detto per inciso – che Facebook ritenga necessario rimuovere o bloccare. Nemmeno su segnalazione: la società risponde che certe opinioni non violano i suoi specifici «standard della comunità». E se ci si sente offesi, il consiglio è di voltarsi dall’altra parte.

Ma pure a dar retta a questa politica aziendale resta sul piatto un bel po’ di polemica attorno alla Chiesa. Tra gli argomenti più frequenti l’accusa di essere un luogo di abusi, un potere lontano dalla gente, un’istituzione vecchia, medievale, anacronistica, conservatrice se non retrograda. Nel calderone ci finisce di tutto senza scampo: Vaticano, papa, vescovi e sacerdoti, fedeli.
In questa situazione sembrano più che mai opportuni i temi delle giornate mondiali per le comunicazioni sociali. Per l’anno in corso, il pontefice ha invitato a esercitare un “giornalismo di pace”: una scrittura non edulcorata, né fatta di slogan, ma capace di raccontare a fondo la realtà per favorire la comprensione reciproca. L’esigenza risuona nell’indicazione per il 2019, che richiede di favorire il passaggio “dalle community alle comunità”, di cercare il “noi” anche nelle dinamiche solitarie di Internet.

Questo rivolgersi agli operatori della comunicazione, invitandoli a riflettere su di sé e sulla propria professione è già un segnale di come la Chiesa sia tutt’altro che lontana dal quotidiano delle persone, dalle loro vite e dalle loro opinioni. In questo senso va anche il Sinodo dei vescovi, che vede la Chiesa muoversi con più generosità e meno pregiudizi e paure verso le nuove generazioni. Pure le canonizzazioni di Oscar Romero e Paolo VI, celebrate la scorsa domenica, sono significative: furono uomini di una Chiesa vicina al popolo, attenta ai poveri, capace di lasciar risuonare «la Parola di oggi, senza tiepidezza, senza calcoli, con l’ardore di rischiare e di lasciare».

Una vitalità che a livello locale si è fatta avanti lo scorso fine settimana proprio con la Giornata della Parola, incorniciata dal festival “Con Francesco nella valle”. Il testo di Luca, letto a più voci dal gruppo teatrale Jobel, è suonato intonato e attuale; l’esperimento un po’ azzardato del festival, in tre giorni di proposte culturali, eventi e momenti di preghiera ha dimostrato contemporaneo e vicino il messaggio di san Francesco.

A dispetto dei suoi difetti e dei luoghi comuni che si trascina dietro, insomma, la Chiesa resta un formidabile laboratorio di novità e di pensiero. Lo testimoniano, seguendo diverse esigenze, anche i libri dati alle stampe dai nostri sacerdoti: tra i più recenti i sussidi alla preparazione dei sacramenti scritti da padre Mariano Pappalardo e il volume Ti trovo o Cristo nei tuoi sacramenti che padre Ezio Casella presenterà il prossimo 3 novembre all’auditorium Varrone. Ma si possono citare anche i documentati libri di storia locale messi insieme da don Luciano Candotti, o i testi su Cittaducale raccolti di recente da don Ferdinando Tiburzi.

E poi c’è l’impegno concreto. Le opere della Caritas a sostegno dei più deboli e in favore delle popolazioni colpite dal sisma ne sono un tratto emergente, come pure l’interesse della diocesi per le infrastrutture, per la ricostruzione, per la conservazione dei beni culturali. Stesso discorso per il fermento attorno alle proposte dal basso, per le “ricadute sociali del Vangelo” raccolte durante l’Incontro pastorale di settembre che si avviano alla realizzazione.

A quale «standard della comunità», per riprendere il linguaggio di Facebook, va ascritto questo complesso di cose? Il tempo presente sembra tenere avanti il profitto, il denaro, il ritorno personale, l’effimero: non sono proprio i messaggi della Chiesa. Ma forse proprio per questo abbiamo bisogno di gente che si appassiona per il bello, per il buono, per quello che non tramonta, ma ci parla di Dio.

Per queste cose aveva gusto mons Luigi Bardotti: lo ha ricordato il pro-vicario generale Luigi Aquilini mettendo insieme con semplicità il ritratto del sacerdote durante la messa celebrata nell’anniversario della morte.

La sua lezione di prete attento ai giovani, costruttore instancabile di luoghi, cose e organizzazioni, innamorato della Chiesa, della tradizione e della Madonna, ma aperto alle innovazioni nel mondo e nella pastorale, sembra un faro affidabile per affrontare le contraddizioni del presente.