Cosa penseranno di noi gli ospiti stranieri che visitano Rieti in questi giorni affollati di eventi? Parleranno tra loro del più e del meno e ci faranno sorrisi di cortesia. Ma poi? Come ci giudicheranno, cosa impareranno di noi? Cosa ricorderanno quando saranno andati via?
Qualcuno dirà: «chi se ne frega!», e potremmo pure essere d’accordo. Ma bisognerà anche ammettere che la questione non è indifferente. Dopo tutto la nostra città sta rinnovando i propri sforzi per uscire dall’anonimato, per farsi notare.
Sul prestigio internazionale ci abbiamo sempre puntato, ma mai come quest’anno. Le diplomazie cittadine sono tutte all’opera. Abbiamo avuto un festival estivo della danza di grande respiro. Subito dopo ci ha pensato la Festa del Sole: una buona occasione per rinfrescare i rapporti con le città gemelle di Nordhorn e Saint-Pierre-Les-Elbeuf. In questi giorni abbiamo in casa l’Europa con i Campionati Juniores di Atletica. Non basta: in Comune si sono visti ambasciatori dell’Albania e dell’Honduras e a fine agosto ci ritocca l’internazionalissima fiera del peperoncino. Poi, ripensandoci, ci sarà il Meeting di atletica e qualcos’altro di sicuro lo scordiamo. Ah, un amico ben informato ci ha rassicurato sul ritorno del Reate Festival.
Sono tutte cose belle, buone e importanti. Ma proprio per questo la domanda iniziale ha senso. Se non per altro, perché la risposta ci riguarda, ci può aiutare a capire noi stessi. E forse c’è da essere fieri: gli stranieri si dicono quasi sempre entusiasti di passare qualche giorno con noi.
«Dal mio punto di vista Rieti ha una bellezza paesaggistica che è forse, almeno per quanto mi riguarda, una delle più belle al mondo» diceva ad esempio Kent Nagano nel 2010. Il grande direttore d’orchestra nippo-americano non sembrava affatto sfiorato dal dubbio di star esagerando. Al contrario: «nell’aria – diceva – si sente quasi qualcosa di magico, qualcosa di misterioso; in particolare la città di Rieti, oltre ad una bellezza paesaggistica vanta un teatro che è davvero una meraviglia, è uno dei più belli e tra i migliori che abbia visto al mondo. Non è solo bello architettonicamente, ma grazie alla sua acustica permette a me, agli orchestrali e ai cantanti, di non forzare; così per me è più facile raccontare le storie, far percepire tutte le parole al pubblico».
Di fronte a queste parole in tanti si aspettavano che il musicista comprasse casa in via della Verdura! E invece? L’avete più visto da quando il Reate Festival ha meno soldi da scialare? E cosa ha lasciato alla città? Per quel che ne sappiamo, neppure un avviso, una lettera, un biglietto. E lo stesso si può dire per tante altre iniziative realizzate in passato.
Non lo diciamo per criticare o perché siamo i soliti disfattisti. Scusateci se vi è sembrato. È solo che davanti a certi inutili trionfalismi di ieri, ci piace pensare che oggi sia meglio volare basso, che sia meglio tenere sempre in buon conto l’antica massima secondo cui non è tutto oro quello che riluce.