In parrocchia

A Sant’Agostino le icone di don Marco, tra tecniche antiche e nuove esigenze

Più di una semplice passione, quella di don Marco Tarquini per la pittura. Dopo gli studi di base effettuati all’istituto d’arte di Rieti, don Marco si è dedicato a quelli per diventare sacerdote e a seguire ha frequentato l’Accademia di Belle Arti: «ho svolto anche dei corsi di iconografia, specifica per affinare la tecnica di creazione delle icone».

All’interno della basilica di Sant’Agostino, di cui è parroco, di opere di sua creazione se ne trovano molte, a partire dalla più recente, la copertura del fonte battesimale. «È stata inaugurata solo due giorni fa, fa parte del restauro che abbiamo fatto negli ultimi mesi. Il fonte aveva bisogno di una sistemata generale per cui è stata riscavata bene la vasca e sono stati fatti altri interventi. Mancava però il coperchio, quindi ho pensato di realizzarne uno in legno e dipingerci la scena del battesimo di Cristo».

Sul leggio, fa bella mostra di sé una Madonna: «è un’icona di quelle chiamate “della tenerezza”, poiché rappresenta l’abbraccio con il bambino Gesù. L’ho realizzata in inverno, prima della festa della Madre di Dio del 1 gennaio, l’abbiamo inaugurata proprio quel giorni con una messa».

La tecnica usata da don Marco segue in maniera certosina gli antichi metodi per realizzare l’iconografia cristiana: «uso molta foglia oro come prevede la tradizione, la applico su una tavola di legno trattata con la gessatura, e poi dipingo con l’antichissima tecnica della tempera all’uovo, che fa parte dell’iconografia bizantina che della pittura italiana del trecento». Un metodo naturale che prevede la preparazione del colore usando tuorlo d’uovo mischiato con aceto o vino bianco per prolungarne la conservazione, e poi con pigmenti in polvere per creare la crema di colore. Non rimane molto tempo a don Marco per dipingere vista la sua intensa attività di sacerdote, «tuttavia cerco di usare tutti i ritagli che restano fuori dalla vita parrocchiale».

Sul leggio accanto all’altare, spicca un Cristo, «si tratta del Cristo buon pastore, colui che offre la propria vita per le pecore come narrato nel Vangelo. Avevo da tempo l’idea di realizzarlo in occasione della quarta domenica di Pasqua, festa di Gesù buon pastore appunto. Rappresenta Gesù nell’atto di portare sulle spalle la pecorella smarrita». Sullo sfondo, un cielo stellato, «perché proprio come in quella notte di smarrimento Gesù ci viene a cercare e a salvare». E come decorazione ai lati del Cristo, a rendere ancor più suggestiva l’icona, spiccano due medaglioni decorativi: «rappresentano Santa Monica e Sant’Agostino, perché ho voluto legare quest’opera alla basilica di cui sono sacerdote».

Un’attività artistica quella di don Marco Tarquini, che ha stupito non poco i suoi parrocchiani, inconsapevoli di avere un prete artista. «Sono molto contenti, ricevo complimenti continui e soprattutto mi ringraziano, poiché queste opere resteranno in basilica e contribuiranno a renderla ancor più bella».