Valle del Primo Presepe / Verso la Chiarastella: chi canta prega due volte

Ha entusiasmato il pubblico che ha riempito il teatro Flavio Vespasiano il concerto “Verso la Chiarastella”, proposto sulle note dell’organetto dell’etnomusicologo Ambrogio Sparagna e sui fiati del polistrumentista reatino Raffaello Simeoni, che ha anche cantato con l’accompagnamento del coro dell’Oratorio San Filippo Neri di Roma. L’esibizione, che ha rappresentato il terzo momento inaugurale del progetto della “Valle del Primo Presepe”, è stato centrato sulla tradizione dei canti popolari per il Natale. Condotto non senza qualche sorpresa nel repertorio, il concerto è stato anche l’occasione per annunciare un secondo evento musicale, questa volta nella chiesa di San Domenico

Una devozione sincera per Gesù bambino, per la Madonna, per i personaggi del presepe: una trasposizione sonora della natività, della mangiatoia. È quanto emerso dal concerto di Ambrogio Sparagna e Raffaello Simeoni dello scorso 2 dicembre al teatro Flavio Vespasiano.

L’inaugurazione della “Valle del Primo Presepe” ha infatti trovato un compimento entusiasmante nella proposta musicale del duo, accompagnato dal Coro dell’Oratorio San Filippo Neri di Roma: la loro indagine sul canto popolare ha lasciato intravvedere come la gioia del presepe sia un qualcosa di aperto a tutti i giorni dell’anno, perché il canto può dettare il ritmo al nostro modo di vivere il quotidiano. «Per questo certe musiche si sono conservate» e fanno ormai parte «del tesoro del nostro Paese» ha spiegato Sparagna in apertura di esibizione. Un caso è quello degli zampognari, che «il 25 di novembre partono», seguendo itinerari tramandati di generazione in generazione, e raggiungono strade e piazze come testimoni di un sentimento profondo, «che non cambia, nonostante tutto».

E poi c’è la voglia di cantare la gioia di Gesù bambino, «una gioia immensa, straordinaria», che traspare dalle «canzoncine spirituali» del doctor zelantissimus, sant’Alfonso Maria de’ Liguori: «uno che predicava e cantava, che attraverso il canto riusciva a evangelizzare anche le parti più deboli della società». Al santo vescovo dobbiamo il presepe in musica e lingua napoletana di Quanno nascette Ninno, meglio nota come Tu scendi dalle stelle, i cui versi semplici, ma vivaci, esprimono un’intima adesione all’eccezionalità dell’avvenimento, sulla terra e nella storia, di Dio che si fa uomo.

Di sant’Alfonso, Sparagna e Simeoni hanno eseguito Bambino mio dolcissimo, un canto d’amore, «come tutti i canti di Natale», compresi quelli di san Filippo Neri, del quale i reatini hanno ascoltato alcuni brani “recuperati”: «non è facile trovare trascrizioni – hanno spiegato i musicisti – per scoprire questi canti sono necessarie ricerche particolari. Ci sono testimonianze più o meno dirette, ma più andiamo indietro nel tempo e più è difficile: la memoria si trasmette nella tradizione orale attraverso passaggi di famiglia, dalla madre al figlio, dalle nonne ai nipoti».

Ciò nonostante, parole e musica sono state capaci di comunicare qualcosa al presente: l’intramontabile attualità del mistero dell’incarnazione e l’altrettanto felice sgomento del sentimento popolare di fronte alla natività. È proprio per entrare in questa dimensione che alcuni canti si rifanno ai Vangeli apocrifi: non sono mai qualcosa di “alternativo”, servono a entrare in una maniera semplice e insieme profonda nelle pieghe della storia più bella. Come nel caso di san Giuseppe, che nei Vangeli canonici «non parla mai». Ma lo stesso si può dire di tante altre figure, ad esempio del soldato di Erode, incaricato della strage degli innocenti e protagonista di un altro dei canti offerti al pubblico del Vespasiano. Una narrazione semplice, ma di grande efficacia, e incredibilmente attuale in un tempo in cui di bambini si fa un gran parlare e strage tutti i giorni.

Su questo repertorio, si sono innestate benissimo, senza alcuno strappo, la “preghiera del II millennio, Sezione Europa” Madre, dei CCCP, che insieme a Intimisto dei CSI ha mostrato una inaspettata continuità tra il canto di ieri e la lingua ritmica e secca di Giovanni Lindo Ferretti, che con lo stesso Sparagna aveva licenziato qualche anno fa un interessante album a quattro mani.

Poi un’apertura al futuro: «da qualche mese – ha spiegato il musicista – stiamo andando nell’area di Antrodoco, all’interno del cosiddetto cratere, per insegnare ai bambini i canti di Natale». Ed è un contributo speciale alla ricostruzione del territorio reatino dopo il terremoto, perché «la tradizione del canto di Natale è nata qui, perché san Francesco il primo presepe l’ha fatto qui, perché le prime laudi sono state composte qui. E se noi vogliamo ricostruire questo luogo dobbiamo attingere a questa semplicità». Uno sforzo da fare per primi con chi il futuro lo “incarna”: i bambini, ed è bello «vedere la loro gioia mentre cantano queste canzoncine, che sono una parte consistente del nostro patrimonio della “Chiarastella”».

L’esperimento, che nasce con la collaborazione dell’Orchestra Popolare Italiana – orchestra residente dell’Auditorium Parco della Musica di Roma, dedicata al repertorio popolare italiano e diretta proprio da Ambrogio Sparagna – darà vita a un nuovo concerto a Rieti, nella chiesa di san Domenico, nella serata del prossimo 20 di dicembre. I bambini canteranno anche la mattina ad Antrodoco e il 6 gennaio avranno l’occasione di esibirsi all’Auditorium Parco della Musica. «Sarà un segno di come, se vogliamo ragionare sul futuro, dobbiamo cominciare dalle cose essenziali, dalla memoria che ci ha lasciato san Francesco» ha ribadito Sparagna. E a suscitare questa sensibilità, del resto, serve il progetto della “Valle del Primo Presepe”, al quale la musica e il canto hanno dato qualcosa in più: di gioia, di riflessione e anche di preghiera, perché, come diceva Sant’Agostino, chi canta prega due volte.