Inquinamento globale. L’esigenza sempre più urgente di una collaborazione effettiva tra i governi dei vari Paesi

Non ci si riferisce soltanto ad una diffusione massiva, nelle varie aree geografiche, delle sorgenti inquinanti. Si fa purtroppo riferimento anche agli effetti nocivi “a distanza” che ogni fonte d’inquinamento di fatto produce

Che l’inquinamento ambientale sia ormai diventato un problema planetario globale è, purtroppo, cosa nota. Tra altre cause, ne sono responsabili anche l’internazionalizzazione dei commerci e la circolazione degli inquinanti. Del resto, i dati delle ricerche in questo ambito parlano chiaro e, impietosamente, denunciano l’esigenza sempre più urgente di una collaborazione effettiva e sostanziale tra i governi dei vari Paesi, per affrontare insieme questo problema.
Quando si parla di “inquinamento globale” non ci si riferisce soltanto ad una diffusione massiva, nelle varie aree geografiche, delle sorgenti inquinanti. Si fa purtroppo riferimento anche agli effetti nocivi “a distanza” che ogni fonte d’inquinamento di fatto produce. Così che gli agenti inquinanti presenti in una determinata regione spesso diventano causa di danni e morti premature in gran numero anche in altri Paesi molto distanti. Queste sono dovute ad inquinanti prodotti in un altro Paese o associate a beni e servizi prodotti in una regione per essere consumati in un’altra. Lo dimostrano i dati davvero allarmanti di un recente studio (pubblicato su “Nature”), prodotto da un team internazionale di ricercatori, coordinati da Qiang Zhang, dell’Università di Tsinghua a Pechino, in Cina.
Come si sa, uno degli agenti inquinanti più “temibili” è il particolato fine con diametro inferiore a 2,5 micron (PM 2,5). Basti pensare che, solo nel 2007, esso è stato causa nel mondo di quasi tre milioni e mezzo di morti premature! Di queste, 411.000 (cioè, circa il 12%) sono accadute per effetto di agenti inquinanti prodotti in un altro Paese, mentre 762.000 (pari a circa il 22%) sono associate a beni e servizi prodotti in una regione per essere consumati in un’altra.
La “temibilità” del PM 2,5 è giustificata da varie ragioni. Anzitutto la sua vasta diffusione, essendo prodotto dal processo di combustione dei veicoli, degli impianti che producono energia, degli impianti di riscaldamento e da molte attività industriali. Inoltre, esso comporta gravi rischi per la salute, poiché rimane a lungo nell’atmosfera ed è in grado di penetrare in profondità nell’apparato respiratorio umano.
Cosi che respirare aria con un’elevata percentuale di particolato fine costituisce un fattore di rischio per molte patologie; alcune colpiscono l’apparato respiratorio (ad esempio, la broncopneumopatia cronica ostruttiva o il tumore del polmone); altre riguardano l’apparato cardiocircolatorio (malattie cardiache e ictus). Per grandi linee, si calcola che, ogni anno, le malattie dovute all’inquinamento dell’aria ammontino complessivamente ad alcuni milioni (molto più che qualsiasi guerra!).
Finora, gli studi in materia e le misure di contenimento dell’inquinamento e delle sue conseguenze hanno avuto il limite di tener conto solo delle emissioni locali.
Mentre crescono le prove scientifiche della dannosità indicano che gli effetti del particolato possono produrre anche a distanze enormi, a causa della circolazione atmosferica. A ciò, come già accennato, si aggiunge come concausa alla globalizzazione dell’inquinamento la pratica del commercio, che prevede la produzione di beni realizzati in una regione del mondo per essere poi consumati in un’altra.
L’ampio studio di Qiang Zhang e colleghi ha indagato per la prima volta il problema su scala globale, analizzando in ben 228 Paesi gli effetti sanitari della produzione di PM 2,5. Secondo i dati da loro raccolti, ad esempio, l’inquinamento da PM 2,5 prodotto in Cina nel 2007 è correlato a ben 64.800 morti premature in altre parti del mondo (3.100 delle quali in Europa occidentale e negli Stati Uniti). Ma risulta anche che il consumo di beni in Europa occidentale e Stati Uniti sia stato in qualche modo causa di più di 108.600 morti premature in Cina. Purtroppo, sono proprio le emissioni inquinanti della Cina ad occupare il primo posto nella triste classifica dei Paesi più nocivi: esse hanno causato un numero di morti premature più che doppio rispetto a quelle di qualunque altro paese, seguite da quelle dell’India e del resto dell’Asia.
Cosa dobbiamo ancora attendere, prima di decidere di invertire rotta e fermare questa follia autodistruttiva?