Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani

Padre Constantin: «Con l’amore superiamo tutti gli ostacoli»

Si è conclusa in Cattedrale la Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani. Un momento di preghiera ecumenica vissuto insieme dalla comunità rumena ortodossa e quella cattolica

Ha proposto una breve meditazione sull’amore padre Constantin Holban durante i vespri celebrati alla conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Anche quest’anno, dunque, la Cattedrale di Rieti ha visto pregare insieme la comunità ortodossa e quella cattolica. Il tema di del percorso ecumenico è stato racchiuso nella frase «Ci trattarono con gentilezza», tratta dagli Atti degli Apostoli.

L’episodio è quello del naufragio di san Paolo a Malta, che conduce immediatamente al tema attuale dei migranti. «Amare chi sta vicino è semplice. Amare chi sta da lontano è più difficile», ha notato la guida dei fedeli ortodossi, ricordando i migranti vengono a cercare un futuro da noi, quelli che perdono la vita in questo viaggio, ma soprattutto la bellezza dell’accoglienza.

Essa è infatti una forma dell’amore annunciato da Dio. E se oggi si fatica ad accogliere, è forse perché a Dio ci rivolgiamo sempre meno, dedicandogli il poco tempo che rimane quando abbiamo risolto i problemi della vita quotidiana. «Ma non dobbiamo avere due vite staccate – ha ammonito padre Constantin – la nostra vita spirituale e quella fisica devono essere unite, ogni istante è necessario mostrare la nostra vita in Cristo nel luogo in cui siamo».

Che vuole anche dire «amare quello che ti guarda male, quello che non ti ascolta, quello che ti odia». Un compito esigente, ma che non impossibile per chi ama Dio, per chi prende a modello «l’amore di Cristo morto per noi».

Tutte le virtù che insegna la Chiesa, ha spiegato il sacerdote ortodosso, conducono a due comandamenti: amore verso Dio e amore verso il prossimo. E su questo doppio comandamento dell’amore ciascuno può misurare la propria coscienza, capire a quale distanza si trova da Dio.

Perché «l’amore di Dio non lo può realizzare l’uomo da solo. Come persone non possiamo amare il nostro nemico: è possibile solo a chi ha ricevuto la grazia di Dio dentro di sé». Come capita ai santi: figure da prendere a esempio come guida per conseguire un amore universale, che supera ogni ostacolo.

«I santi hanno parlato tanto dell’amore perché tutto torna all’amore», ha aggiunto padre Constantin, declinando l’ospitalità dell’amore anche nella dimensione più prossima e familiare. «Dobbiamo piantare il seme dell’amore di Dio nel nostro cuore e poi chiedere al Signore di farlo crescere e fiorire. E a poco a poco ci scopriremo capaci di amare anche il naufrago, chi ha dovuto lasciare il suo Paese per tanti motivi e si ritrova lontano dalla propria famiglia».

È un movimento dal basso quello chiesto dal padre ortodosso, che non aspetta la politica, l’opinione pubblica, le istituzioni. Un movimento che sta modellando anche la vita spirituale, animando l’ecumenismo: «per secoli le Chiese dell’Occidente e dell’Oriente hanno vissuto da nemiche. In passato la divisione è partita dall’altro, oggi l’unione parte dal basso».