Discorso alla Città

Discorso alla Città, Melilli: «la classe dirigente raccolga l’invito del vescovo»

Dopo la risposta del presidente della Fondazione Varrone, D'Onofrio, anche il deputato Fabio Melilli interviene sul Discorso alla Città che il vescovo ha rivolto ai presenti durante la celebrazione dei primi vespri della solennità di Santa Barbara

Ho letto con attenzione il discorso alla città che il vescovo Pompili ha pronunciato in occasione delle festività di Santa Barbara e la nota inviata alla stampa dal Presidente della Fondazione Varrone, D’Onofrio.

Sua Eccellenza il Vescovo sprona la città e la nostra provincia a concentrare le attenzioni sugli asset che rappresentano indubitabili punti di forza delle nostre comunità. E lo fa richiamando la necessità che i corpi sociali esprimano energie positive invece che lasciarsi sopraffare dai problemi.

E con uno spirito nuovo invita tutti a non abbandonare il tratto “gentile” che caratterizza la nostra terra, ma ad utilizzarlo per avere sempre più consapevolezza dell’unicum in cui siamo immersi: «un unicum ambientale-culturale-religioso che ha nella natura il suo contesto, nella cultura la sua matrice, nella fede la sua radice», dice il Vescovo. E ci ricorda la forza del patrimonio idrico, l’esperienza universitaria e il Cammino di Francesco come simboli di una comunità che, tutta insieme, può crescere e migliorare le nostre condizioni di vita.

Il Presidente D’Onofrio raccoglie l’invito e lo corrobora con altri spunti di sicuro interesse. Non credo che la politica possa sottrarsi e non comprendere il bisogno di individuare, non solo strade nuove, ma anche un modo di porsi nei confronti dei problemi, lontano dal vittimismo di maniera e della lamentazione fine a se stessa, alzando lo sguardo oltre gli angusti confini.

Ad essa è richiesta una rinnovata capacità di discernere le piccole questioni quotidiane, dalle quali troppo spesso rischia di essere sommersa, dalle scelte strategiche che abbisognano di volontà comuni e di percorsi condivisi, al di là delle legittime appartenenze. Sta alle classi dirigenti raccogliere l’invito, cercando di badare un po’ di più alla sostanza delle cose e meno alla rivendicazione dei meriti.

Per quanto mi riguarda è nota da tempo la mia disponibilità. Non credo infatti che gli stimoli possano essere ignorati. Essi hanno invece bisogno di essere raccolti come sfida comune e con un “tratto gentile” che sappia privilegiare la sostanza delle cose rispetto alle grida vanesie della propaganda.