Il Vescovo: impariamo da Cristo lo stile di saper incontrare le domande della gente

Era al pozzo di Giacobbe che Gesù spiegava alla samaritana come il vero tempio non fosse circoscritto in nessun specifico edificio di mattoni. E proprio a partire da quel brano evangelico appena proclamato il vescovo tiene la sua omelia nel giorno in cui, facendo memoria della consacrazione del proprio tempio principale, la comunità diocesana vive il momento di avvio dell’anno pastorale (avvenuto martedì scorso), invocando l’aiuto di Dio sull’impegno a essere “edificio spirituale” facendo incontrare a tutti la sua presenza.

Su quel dialogo tra il Cristo e la donna di Samaria Lucarelli aveva improntato la propria lettera pastorale intitolata appunto Al pozzo di Giacobbe, offrendo indicazioni alla Chiesa locale per il suo ultimo tratto di episcopato. Sempre prendendo spunto da quel dialogo avvenuto sotto il sole di mezzogiorno ai bordi del pozzo, il presule, nell’omelia, vuol attirare l’attenzione su alcuni elementi di riflessione, ricollegandosi ai due temi pastorali presentati nel momento precedente: la catechesi e la famiglia. Parlando con la samaritana, Gesù indica infatti «contenuto e metodo della catechesi e dell’annuncio: riguardo al contenuto egli parla alla donna del tempio, del piano di Dio riguardo al suo popolo e alla salvezza, della ricerca di Dio e dell’incontro con lui; quanto al metodo, si intrattiene con la donna e la provoca, parte dalle domande che lei stessa si pone e la accompagna per gradi e con sapienza alla conoscenza e all’accoglienza della verità».

E così per quanto riguarda la famiglia: egli «dà il suo lapidario insegnamento e lo fa senza giudicare e senza recriminare. Non annacqua la verità e non la ammanta di ipocrisia, ma neppure umilia la donna dai tanti mariti, né la fa sentire esclusa e perduta ». Preziosi spunti per riflettere, nella lettura di monsignor Lucarelli, che ha richiamato l’attenzione su quel “Dammi da bere” che Gesù dice alla donna: «È vero che sarà lui a darle l’acqua viva che zampilla per la vita eterna, ma per incominciare è lui che chiede acqua. Egli si pone in ascolto, chiedendo quello che la donna non ha».

Un ottimo modello pedagogico, secondo Lucarelli, per il nostro modo di relazionarci con la gente come Chiesa: «Spesso noi iniziamo dando risposte, mentre dovremmo cominciare con le domande: cosa si aspettano un bambino e un ragazzo da noi, cosa si aspettano i loro genitori! Essi si pongono domande molto pratiche, ma dietro queste vi è una grande sete di Dio. Domande a volte esplicite, chiare, ma sovente mimetizzate e nascoste da fatti anche molto tristi della vita. Ecco, dunque, che siamo noi a dover chiedere qualcosa alla nostra gente, ai nostri ragazzi e ai nostri bambini, perché anche loro trovino la forza di presentare le loro domande, la loro richiesta di “acqua”». Del resto quello con Gesù non può che essere un incontro personale.

E se ai preti «piace parlare nelle chiese piene» credendo «di poter ottenere un risultato maggiore », nella realtà, richiama il vescovo, «non è così: i risultati migliori li otteniamo con l’incontro personale, perché attraverso questi incontri le persone capiscono quanto ci stanno a cuore».

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