Vergine e Madre, Figlia del Figlio

La Madonna, Maria di Nazaret, è stata cantata da poeti e dipinta da pittori, raffigurata da artisti, modellata da scultori, scrutata da tutti coloro che hanno voluto coglierne aspetti umani, privilegi “divini” e particolari che ne esaltino l’unicità.

Colui che forse più di tutti ha saputo descriverla e cantarla è il Poeta Dante Alighieri. Nel trentatreesimo canto del Paradiso, Dante pone sulle labbra di San Bernardo i famosi versi che sono entrati addirittura nella Liturgia delle Ore, come inno dell’Ufficio della Madonna.

Proprio i primi due versi con semplicità accostano termini del linguaggio comune che così collocati e attribuiti alla Vergine descrivono con immediatezza ed eloquenza la particolarità della Madonna.
“Vergine e Madre”. In Lei sono racchiuse entrambe queste qualità che nel resto dell’umanità sono incompatibili: la verginità e la maternità, che sono condizioni femminili antitetiche e opposte, in Maria divengono esaltazione e contemporaneità; ciò che per le altre donne è opposto, in Lei è presente, ciò che è assurdo in Lei è possibile, ciò che per le altre è susseguente in Lei è simultaneo.

È esaltata la condizione verginale, ma non a scapito della maternità, è sublimata la maternità, ma non a svantaggio della verginità.

La verginità non è solo fisica, è anzitutto spirituale, morale e dunque integrale, finalizzata a quella speciale maternità, di quel Figlio unico e straordinario.

E quella maternità non è solo di quel Figlio straordinario e unico, ma è anche spirituale, di tutti coloro che sono figli nel Figlio.

Maria è Madre del Figlio, ma è anche Figlia del Figlio, anche se questi non le è Padre.

Il Padre del Figlio non è suo marito, ma le è Padre, e suo marito, Giuseppe, non è suo padre.

È nata nel tempo prima del Figlio, ma il Figlio è eterno ed è prima di Lei.

Partorisce nel tempo l’umanità di Gesù, ma veicola nel mondo anche la Sua divinità.

È Madre dell’Uomo-Gesù, ma anche del Dio-Figlio; è creatura, ma «più che creatura, termine fisso d’etterno consiglio».

Non esiste in nessun’altra esperienza religiosa una figura simile, che ingloba in sé ogni buona qualità umana («in te s’aduna quantunque in creatura è di bontade») pur senza essere divina e che sia quasi divina, pur restando pienamente umana.

Sembrerebbe quasi che Dio abbia voluto unire in Maria quelle virtù umane straordinarie che insieme la rendono tanto vicina all’umanità, ma anche tanto vicina al Figlio e dunque alla divinità.

Nella contemplazione di Maria di Nazaret scompaiono tutte le difficoltà «razionali e scientifiche» perché «nel ventre tuo si raccese l’amore, per lo cui caldo, nell’etterna pace, così è germinato questo fiore».