Transformer 5 e l’ironia robotica

Lo scorso 21 giugno è uscito nelle sale italiane il quinto episodio della saga dei transformers, giganteschi robot in grado di diventare automobili e altri mezzi di trasporto: Transformers – L’ultimo cavaliere. Ricco di nuovi protagonisti e rivelazioni, il film è un episodio di transizione di una serie che prevede già un sequel nel prossimo anno.

La novità più grossolana è però la scarsa qualità della pellicola, così evidente da spingere la maggior parte dei critici ad un inesorabile giudizio negativo. Molte le leggerezze (per usare un eufemismo) su montaggio, sceneggiatura e regia. Agli appassionati balzerà subito agli occhi una totale indifferenza ai principi della fisica, oltraggiata ben oltre le consuetudini della fantascienza. Un b-movie da 217 milioni di dollari e già ripagato dagli incassi.

Un aspetto ironico del film sta nel tono parodistico che assumono le ampie citazioni da altre pellicole, soprattutto del mondo dei supereroi. Si riconoscono chiaramente alcune scene tratte da Suicidesquot e Batman vs Superman ad esempio.

Proprio questo citazionismo ci porta ad un’altra forma d’ironia che percorre il film. diversi nuovi personaggi robotici popolano quest’episodio, alcuni molto caratterizzati. Probabilmente ispirati a quelli di Star Wars, alcuni robot possiedono vizi e tic dalla sicura resa comica. C’è quello galante con l’accento francese e il maggiordomo inglese con attacchi di rabbia imprevedibili. Certamente una delle poche novità positive della pellicola.

Ma l’ironia più sottile riguarda la trama. Dopo il Codice da Vinci il pubblico è ormai abituato a chi la spara grossa. In questo caso si supera ogni limite precedente. Fin dall’inizio si scopre che dietro i poteri del leggendario mago Merlino ci sarebbero proprio dei Trasformers che, sotto forma di drago a tre teste, aiutano re Artù nella conquista dell’Inghilterra. Poi si scopre che la discendenza di Merlino comprende tutte le maggiori menti della storia dell’umanità, da Leonardo a Galileo e da Shakespeare a Einstein. L’ultima erede sarebbe una bellissima e coltissima professoressa di Oxford e grazie al suo Dna potrà salvare la terra con la magia del suo mitico predecessore.

Indecisi se giudicare la fervida immaginazione degli autori come imbarazzante ingenuità o sublime fantasia una cosa è sicura: scoprire che dietro gli ultimi 1500 anni di storia ci sarebbe la mano metallica dei robot alieni mai non può che strappare un sorriso.