Tra “Sì” e “No”, che fine farà la riforma costituzionale?

Un rettangolo blu con al centro un cerchio bianco e in mezzo un perentorio “no” a caratteri cubitali. Per capire di cosa è la negazione questo manifesto che già da qualche settimana è entrato a far parte dell’arredo urbano, c’è solo l’indizio in basso costituito dal hashtag “nograzie” riconoscibile nei tweet contro la riforma costituzionale. Tra poco anche la campagna del sì “urlerà” l’assenso alla riforma come già fanno politici e giornalisti.

In tv e nelle librerie sono già mesi che esperti e non si dedicano a sponsorizzare o denigrare la riforma costituzionale “governativa” in attesa del referendum di novembre. Molti i costituzionalisti perplessi. I giornalisti si ritrovano, in entrambi gli schieramenti, a condividere l’opinione di colleghi normalmente lontani dalle loro posizioni. Sinistra e destra sono attraversate dal “sì” e dal “no”. L’opposizione, ovviamente, si oppone. Sia M5S che Forza Italia pendono per il “no”, ma altre forze moderate sono più vicine alla posizione del premier Renzi.

Spesso si rimprovera a media e politici di personalizzare e radicalizzare il dibattito per la mancanza di approfondimento. Stavolta però è l’impatto epocale sulla vita dello Stato che una riforma costituzionale comunque comporta ad essere sacrificato ed appiattito nel consueto scontro politico.

La situazione internazionale è complicata, l’economia stenta a riprendersi. Sono temi importanti, ma complicati da trattare: troppo noiosi o troppo violenti. E forse anche per questo si parla quotidianamente, ma banalmente, di un argomento apparentemente astratto come la modifica della costituzione. Aspettando il referendum tutto viene tritato e ritritato, così che all’opinione pubblica resta solo un assordante rumore e una scelta che viene presentata (in entrambi i sensi) come scontata e naturale.

Ma i cittadini dovrebbero sentire la scelta come un lascito a lungo termine, dovrebbero avere consapevolezza di stare per lasciare un’impronta forte sul futuro dell’Italia. Siamo abituati a referendum di cui non resta che una “x” tracciata distrattamente. Qui si può dire, senza esagerare, che è in ballo una fetta importante delle regole democratiche. Non c’è da ricorrere troppo alla retorica: quel segno sul “sì” o sul “no” è importante, indipendentemente dalla sua dimensione sui manifesti.