Tra il cielo e la terra Sogno e destino di un’Europa “in uscita”

Papa Francesco nei Palazzi d’Europa resta se stesso, uomo di fede che abita il suo tempo. E porge parole impegnative, laiche quanto esigenti per i cittadini europei come per i loro rappresentanti. A un Continente “invecchiato” dice che “è giunto il momento di abbandonare l’idea di un’Europa impaurita e piegata su se stessa per suscitare e promuovere l’Europa protagonista, portatrice di scienza, di arte, di musica, di valori umani e anche di fede”

Sa stupire Papa Francesco. Sa stupire così come è capace di farsi ascoltare. Lo ha dimostrato infinite volte in questo anno e mezzo di pontificato e lo ha confermato oggi nella sua visita-lampo alle istituzioni europee. Invitato a tenere due discorsi ufficiali – al Parlamento europeo e dinanzi al Consiglio d’Europa -, giocando, secondo alcuni, “fuori casa”; eppure non ha fatto altro che essere se stesso, uomo di fede che abita il suo tempo. Distribuendo e raccogliendo sorrisi, riaffermando piena fiducia nel genere umano e nel futuro, porgendo parole ferme di denuncia (le vite negate dei malati terminali o quelle soppresse prima ancora di nascere; i diritti umani piegati agli interessi, alla violenza, alla tratta, al terrorismo…). E dialogando apertamente, a partire dalla sua “vocazione di pastore”, con le istituzioni politiche del Vecchio continente.

Nell’emiciclo dell’Europarlamento ha voluto indirizzare “a tutti i cittadini europei un messaggio di speranza e di incoraggiamento”. È il tratto più profondo che resta di questo viaggio, ribadito, pur con parole diverse, nei due palazzi del quartiere europeo della città alsaziana. “Un messaggio di speranza – ha precisato Bergoglio – basato sulla fiducia che le difficoltà possano diventare promotrici potenti di unità, per vincere tutte le paure che l’Europa, insieme a tutto il mondo, sta attraversando. Speranza nel Signore che trasforma il male in bene e la morte in vita”. Quindi l’incoraggiamento a tornare sulle orme dei “Padri fondatori dell’Unione europea, i quali desideravano un futuro basato sulla capacità di lavorare insieme per superare le divisioni e per favorire la pace e la comunione fra tutti i popoli del continente”.

“Unità”, “insieme” – altre parole chiave del tour europeo – per un’Europa che sappia vivere “in pace”, che sia al contempo “creativa e intraprendente, rispettosa dei diritti e consapevole dei propri doveri”.

Così, per tratteggiare il profilo di un’Europa che si conferma nelle sue radici, che opera per un presente più vivibile, specie per i poveri, gli emarginati, i migranti – li cita esplicitamente il Papa -, che costruisce la “casa comune” del futuro, Francesco ricorre all’immagine della “Scuola di Atene” di Raffaello, conservata nei palazzi vaticani. “Al suo centro vi sono Platone e Aristotele – dice -. Il primo con il dito che punta verso l’alto, verso il mondo delle idee, potremmo dire verso il cielo; il secondo tende la mano in avanti, verso la terra, la realtà concreta”. Aggiunge: “Mi pare un’immagine che ben descrive l’Europa e la sua storia, fatta del continuo incontro tra cielo e terra, dove il cielo indica l’apertura al trascendente, a Dio, che ha da sempre contraddistinto l’uomo europeo, e la terra rappresenta la sua capacità pratica e concreta di affrontare le situazioni e i problemi”. Ebbene, per il Papa latinoamericano “il futuro dell’Europa dipende dalla riscoperta del nesso vitale e inseparabile fra questi due elementi”.

Quello del Pontefice è un discorso “laico”, ma ispirato a valori alti, “al trascendente”. Lo ripeterà anche ai giornalisti sul volo di ritorno: “Queste parole le troviamo nel Vangelo e nella dottrina sociale della Chiesa”.

Cita anche la lettera “A Diogneto”, testo anonimo del secondo secolo, che afferma: “I cristiani rappresentano nel mondo ciò che l’anima è nel corpo”. Si tratta di un richiamo, senza equivoci, alle responsabilità dei credenti verso la “polis”: l’Europa ha bisogno del protagonismo dei cristiani all’interno di corrette dinamiche democratiche.

Numerosissimi i temi specifici che Papa Francesco solleva nei due discorsi (dove cita Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI): la difesa dei diritti, la famiglia, il lavoro, l’educazione, la difesa dell’ambiente (evocando la prossima enciclica sulla custodia del Creato). E, specialmente nell’aula del Parlamento Ue, si susseguono gli applausi “a scena aperta”.

Questo pastore, sempre schierato dalla parte degli ultimi e della giustizia, che assume la modernità come contesto nel quale portare coraggiosamente il messaggio di Gesù, ricorda che il tempo, anche questo tempo, è un campo aperto e fecondo per la missione evangelizzatrice. Al contempo Bergoglio è venuto a Strasburgo per ribadire fiducia in questa Europa “invecchiata”, “spesso ferita”, “pessimista”, affinché non si lasci tramortire dalla “paura”, dalla chiusure egoistiche (e nazionalistiche), dai meri interessi materiali.

Parafrasando lo stesso Francesco, un’Europa “in uscita”, che è esattamente il contrario della “fortezza” chiusa cui molti vorrebbero ridurre il continente. Lo sottolinea il Papa, chiudendo il suo discorso al Parlamento Ue: “È giunto il momento di abbandonare l’idea di un’Europa impaurita e piegata su se stessa per suscitare e promuovere l’Europa protagonista, portatrice di scienza, di arte, di musica, di valori umani e anche di fede. L’Europa che contempla il cielo e persegue degli ideali; l’Europa che guarda, difende e tutela l’uomo; l’Europa che cammina sulla terra sicura e salda, prezioso punto di riferimento per tutta l’umanità”.