Terremoto, la risposta del teologo: Dio non è mai indifferente al nostro dolore

In un dialogo con Simone Morandini, fisico e teologo, il tentativo di una lettura del terremoto che ha interrotto centinaia di vite tra Accumoli e Amatrice

Il terremoto che ha colpito il centro Italia rappresenta una prova per la fede, non solo dei credenti colpiti direttamente. Il dolore innocente è inaccettabile per tutti e qualcuno si allontana dalla Chiesa proprio per questo motivo. «Dov’è Dio?». Chi non si è posto almeno una volta questa domanda nei giorni scorsi?

Ne parliamo con il teologo e fisico Simone Morandini, docente di Teologia della Creazione, che è stato ospite al Meeting dei giovani di Greccio lo scorso gennaio.

La tragedia del sisma del 24 agosto ha riproposto le immagini di una natura matrigna che uccide i suoi figli e di un Dio indifferente alle centinaia di morti innocenti. Nell’omelia dei funerali ad Amatrice il Vescovo mons. Pompili ha detto: «In realtà, la domanda “Dov’ è Dio?” non va posta dopo, ma va posta prima e comunque sempre per interpretare la vita e la morte». È d’accordo con questo punto di vista?

Dio non è mai indifferente alla morte; Dio è tenerezza accogliente ed empatica, che anche con la morte ed il dolore si fa solidale, sulla Croce: questo è ciò che narrano le Scritture e l’intera tradizione cristiana. È speranza viva, che sostiene il reale – questo significa pantokrator – e che se ne fa carico, proprio anche quando è lacerato dal dolore, per condurlo aldilà di esso.

Certo, forse dobbiamo ancora comprendere come Egli operi nel mondo creato

Pensiamo ancora che «non cade foglia che Dio non voglia», che vi sia una Sua diretta implicazione in ogni singolo evento che accade nel mondo. In realtà Dio crea un mondo caratterizzato da dinamiche sue proprie, in cui la fecondità orientata alla vita si realizza in processi che talvolta comportano anche effetti drammaticamente distruttivi. Ma anche allora Egli è là, solidale con le vittime, promessa di vita anche aldilà della morte, invito ad operare per prevenire e ridurre il negativo (ed a farlo mobilitando tutti gli strumenti scientifici, tecnici, culturali e politici che siano disponibili).

C’è una mancanza di preparazione teologica per vedere nella giusta prospettiva questo genere di eventi da parte dei fedeli e degli stessi sacerdoti?

Credo che dobbiamo ancora crescere nella lettura della Scrittura e nella comprensione delle implicazioni della fede cristiana. Troppo spesso alla fede viva del popolo vengono a mancare modelli adeguati (e tanti ne sono stati elaborati dalla teologia contemporanea) per interpretare gli eventi – talvolta drammatici – che accadono nella storia e nella natura. Troppo spesso rischiamo di identificare la figura di Dio con immagini stereotipe, che non rendono ragione della complessità di una tradizione e di una ricerca che dura da secoli.

Una maggiore attenzione da parte della Chiesa alla cultura scientifica, magari in dialogo con gli scienziati, potrebbe evitare di «accontentarsi di risposte patetiche e al limite della superstizione» come denunciato dal vescovo Domenico nella stessa omelia?

Da anni sostengo l’importanza di una riflessione teologica che – senza smarrire la propria specificità – si confronti attivamente col portato della ricerca scientifica contemporanea. Anche recentemente con la Facoltà Teologica del Triveneto abbiamo pubblicato un volume su Evoluzione e creazione. Una relazione da ritrovare (EMP, Padova 2016). Si apre allora uno spazio segnato da sfide talvolta complesse, ma anche ricco di potenti strumenti concettuali per interpretare il reale che abitiamo. Si pensi a quella comprensione evolutiva del reale che ci viene dalle scienze biologiche, così come dalla cosmologia, cui la stessa Enciclica Laudato Si’ di papa Francesco fa riferimento: è un dato prezioso per superare un’immagine statica ed insoddisfacente del gesto creatore di Dio. In tale orizzonte rivela nuovi significati anche un testo paolino come quello di Rom. 8, 19, che parla di una creazione attraversata dalle doglie del parto, che geme in attesa della liberazione.

Può la teologia della creazione aiutare a comprendere meglio le catastrofi naturali come questa? Oppure la fede è destinata a vacillare proprio come le case colpite dal sisma?

Di fronte al dolore e alla morte – specie quando la loro ampiezza è così grande – sempre ci troviamo a rivivere l’esperienza di Giobbe, di colui che grida il proprio dolore e domanda “perché”?

Eppure, proprio al cuore di tale contraddizione, molti riscoprono Dio come sorgente interiore, che dà la forza di continuare a vivere nonostante la contraddizione; come promessa di comunione che neppure la morte riesce a spezzare. Il Crocifisso parla di un Dio radicalmente vicino ai suoi, che mai li abbandona alla morte.