Terminillo: dalla parrocchia un mese di iniziative per parlare a tutti

Una serie di iniziative molto variegate, molto diverse, molto numerose: si va dalla teologia all’arte, alla cultura, alla letteratura, al gioco degli scacchi, musica, canto, eccetera. È quella che sta svolgendo la parrocchia del Terminillo sulla montagna dei reatini. Un fitto calendario di eventi presentato il primo luglio all’Auditorium dei Poveri di via Garibadi a Rieti da padre Mariano Pappalardo e padre Luca Scolari della Comunità monastica della Trasfigurazione, alla presenza delle tante realtà che contribuiscono alla realizzazione dell iniziative.

Una proposta unica

«È chiaro che né per la prima volta, né esclusivamente al Terminillo, si fanno proposte culturali» ha spiegato Padre Mariano. «In ogni città, in ogni provincia in ogni paese si fanno eventi più o meno culturali gestiti da vari enti: pro-loco, associazioni, comuni e così via». A rendere particolare, forse unica, la proposta ha aggiunto il parroco, è che al Terminillo, «oltre alla parrocchia e all’attività che normalmente la parrocchia fa, vive da anni una piccola comunità di monaci, la comunità monastica della Trasfigurazione. E come monaci noi sentiamo il dovere (ma è una parola brutta!), il piacere (che è più bella) di entrare in relazione, come una sana tradizione cristiana vuole, con tutti gli uomini e con tutto l’uomo».

L’uomo come filo conduttore

«Trovare le strade, le opportunità, gli strumenti per incontrare tutti e incontrare tutto l’uomo nella sua globalità ci sembrava una cosa importante che una comunità monastica dovesse e potesse fare, perché specifico della tradizione monastica» ha chiarito padre Mariano. «È chiaro che incontrare tutti significa offrire iniziative diversificate. Perché se io offro come opportunità una riflessione spirituale, o religiosa, o teologica, o anche un concerto di musica sacra o di organo, mi riferisco ad una certa categoria di persone, che non sono poi oggigiorno neanche molte. Diventa una attività di di nicchia, del piccolo gregge, dei quattro gatti, dei due devoti che ancora vanno appresso a quello che organizzano i preti».

Iniziative per il dialogo

«Il nostro dramma – totalmente clericale – è pensare che la ricchezza è nostra e gli altri che non pensano, vivono e fanno come noi sono poveretti» ha sottolineato il sacerdote. «E invece, oltre a esserci una umanità grande, c’è una umanità ricca attorno a noi e al di fuori di noi, e se noi non riusciamo a dialogare con questa umanità ricca e con la ricchezza che questa umanità si porta nell’anima, nei pensieri, nell’esperienza, i poveri restiamo noi. Siamo noi gli esclusi, siamo noi quelli che restano fuori, siamo noi quelli incapaci di dialogare. Questa parola, dialogo, è una parola molto bella: il dialogo è un “logos”, cioè un pensiero, ma anche un progetto, che è gettato in mezzo, condiviso, ma anche che ci attraversa, che attraversa i cuori, le anime, le esperienze».

Una ricchezza donata

«Abbiamo voluto che Terminillo, la comunità monastica, il Templum Pacis, divenissero questo luogo di dialogo, di incontro in cui le persone, le più diverse, con tante sensibilità, potessero mettere insieme queste capacità, questi doni, per arricchire innanzitutto se stessi – perché nel momento in cui incontro l’altro arricchisco me stesso – e poi perché questa ricchezza fosse anche una ricchezza donata, condivisa. È questa è la sfida unica – ha aggiunto Padre Mariano – perché in genere quello che accade è una esperienza monotematica: “Noi parliamo di teologia, chi vuol venire viene, chi non viene si arrangia!”. E così nel “noi parliamo di musica”, “noi parliamo di arte”, “noi parliamo di letteratura”, noi parliamo di…”».

Parlare di tutto

«Noi parliamo di tutto, perché l’esperienza dell’uomo è una esperienza totalizzante, è l’esperienza della completezza, è l’esperienza del tutto che non basta mai. Perché c’è sempre posto per un’ulteriorità, per qualcos’altro. Questo – direbbe sant’Agostino – è il cuore inquieto, che non è sinonimo del cuore ansioso moderno, ma è il cuore che ha sempre bisogno di qualcos’altro per manifestare la sua grandezza. Il cuore dell’uomo è un cuore che si può dilatare all’infinito. E quindi, poter cogliere vivere sperimentare cose diverse, dà all’uomo una sensazione, un’esperienza del tutto particolare. Perché non viviamo solo di qualche cosa. Questa varietà è ciò che di bello, ciò che di nutriente, di accattivante proponiamo in questa esperienza» ha sottolineato il parroco.

Parlare tutti i linguaggi

«Vogliamo andare incontro all’uomo in tutte le sue sfaccettature, e non parlare solo una lingua. Questo da parte nostra è un obbligo. La Chiesa viene gettata al mondo nel giorno di Pentecoste, nel momento in cui impara a parlare molte lingue, molti linguaggi, molti modi espressivi. Le modalità attraverso cui l’uomo manifesta la sua intelligenza, il suo cuore, le sue emozioni, le sue sensibilità. Così era nella volontà di Gesù. Poi nella storia questo si è manifestato a volte sì, a volte no, a volte in parte. Ma la Chiesa dovrebbe essere esperta in questa molteplicità di linguaggi per parlare a tutti. A tutto l’uomo e a tutti gli uomini. Questa vuole essere la nostra esperienza quest’estate – ha concluso padre Mariano – e speriamo che sia una intuizione che possa avere un futuro».

Il calendario completo delle iniziative sarà disponibile a breve sul sito di «Frontiera».

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