Suicide Squad e la pietà dei cattivi

Oltre 500 milioni di dollari di incassi per uno dei più criticati film di super eroi, che in Suicide Squad sono supercattivi. In effetti solo il precedente Batman vs Superman è stato trattato peggio dalle recensioni sia dei professionisti che dei semplici amatori. Un brutto film che fa grandi incassi non è una novità. Qualcosa di nuovo comunque si sta muovendo nel cinema che si ispira ai fumetti.

La trama è poca cosa in effetti. Un machiavellico funzionario del governo pensa di poter rimediare alla scomparsa di Superman mettendo insieme i meta-umani cattivi rinchiusi nelle carceri dopo che Batman si è preso la briga di catturarli. Oltre che con ricatti e promesse varie, si è pensato di controllarli grazie a una strega che si è impossessata del corpo dell’archeologa che l’ha risvegliata, innamorata a sua volta di un soldato al servizio del esercito. Alla prima occasione il principio che il fine giustifica i mezzi si ritorce contro le buone intenzioni alla base della “squadra suicida”.

Ovviamente sono le personalità dei vari protagonisti a dominare la scena. Primi fra tutti il Deadshot interpretato da Will Smith e l’Harley Quinn di Margot Robbie. Ma il troppo storpia e la valanga di villains buttati un po’ alla rinfusa rende molto difficile godersi le pur numerose perle del film. La colonna sonora soffre dello stesso problema. Canzoni di grande effetto creano un minestrone nel quale è difficile trovare un filo conduttore. Insomma molte cose belle mischiate confusamente portano a un risultato un po’ deludente.

Detto ciò gli spunti di riflessione non mancano. La bellissima e folle Harley Quinn, ad esempio, ricopre un ruolo che ricorda il Fool shakespeariano con la sua scanzonata propensione a dire le verità più scomode. Poi una combriccola di Freaks cosi ben assortita era da un po’ che non si vedeva. I difetti esasperati nel aspetto o nel carattere portano una ventata d’ironia rara nei film dei supereroi. Il riferimento d’obbligo in questo senso è al Deadpool della concorrente Marvel e come quello anche Suicide Squad rappresenta un altro piccolo passo verso il rinnovamento del genere.

Ma l’aspetto caratteristico del film è la dialettica tra cattivi. Non c’è un “buono” in tutta la pellicola (le apparizioni dell’uomo pipistrello sono marginali). Ognuno ha i suoi motivi personali per comportarsi in modo irresponsabile. Ma non tutti i cattivi sono uguali: chi considera gli altri come insetti da schiacciare, chi come strumenti “sacrificabili”, chi, del tutto dedito ad un unico amore, dimentica ogni altra moralità. E quando alcuni di loro riconoscono nelle reciproche storie qualcosa di simile scatta una specie di empatia, seppur tra le crudeltà, una pietà dei cattivi che spinge ad aiutarsi e capirsi. Questo porta ad una parziale redenzione dei personaggi, in cui non è più così impensabile identificarsi e spinge a guardare diversamente i tanti “cattivi” normali che abbondano nella vita reale.