Sesso: tutti sanno ma non osano dire

Si terrà l’11 aprile un interessante incontro formativo promosso dall’Ufficio per la Pastorale della Salute della diocesi di Rieti sul tema: “Sesso, sessualità e identità di genere tra autodeterminazione e discriminazione”.

«Sarà un momento molto importante – spiega il direttore dell’Ufficio diocesano diacono Nazzareno Iacopiniper la prima volta in città, si affronterà infatti un argomento così delicato e di stringente d’attualità. L’opinione pubblica viene costantemente sollecitata dai media su questi temi, ma spesso correndo il rischio di far prevalere posizioni ideologiche. Quello che proveremo a fare con questo convegno sarà di partire dal punto di vista scientifico su questi temi per poi affrontare la complessità della realtà sociale».

Il sottotitolo del convegno è: «Quello che tutti sanno e non osano dire». Sembra una provocazione…

Il punto è che non possiamo certo di far finta di non vedere i diversi modi in cui viene vissuta la sessualità nella nostra epoca. Non si può negare che una certa varietà dei costumi sessuali sia percepita come un dato di fatto da gran parte della società. Oggi nessuno si scandalizza più, ad esempio, per i rapporti omosessuali. Né come Chiesa vogliamo metterci a giudicare i comportamenti personali. Ma alcune posizioni – come quelle che girano attorno alla cosiddetta “teoria del gender” ci sembrano pericolosamente irrealistiche ed ideologiche. C’è da far fronte ad un massiccio attacco mediatico che promuove un’idea strumentale delle identità e dei corpi. A volte, con la pretesa di sovrapporsi – tramite una campagna forzata, anche nelle scuole – allo spontaneo sviluppo dei nostri giovani.

D’altra parte, anche la Chiesa su questi temi è accusata di tenere una posizione ideologica…

Ne sono consapevole, ma è l’accusa ad essere strumentale. La Chiesa è aperta alla comprensione del mondo. Ma non per questo può negare la realtà della vita. I cambiamenti culturali o l’evoluzione della tecnica non possono mettere in discussione la stessa condizione umana. Capiamoci: non vogliamo certo negare a nessuno la libertà dei propri sentimenti e dei propri comportamenti. Ciò che ci sembra inaccettabile è che su quella libertà si pretenda di rimodellare l’intero orizzonte sociale, con la scusa di un “politicamente corretto” falso e interessato. L’esplosione di termini per nominare le identità sessuali ci sembra un segnale di questa deriva. E la fatica che fa il linguaggio a nominare alcune situazioni rende bene l’idea di quanto siano problematiche.

Ma che pericolo può venire dal libero esercizio degli affetti?

Mi verrebbe da rispondere che dall’amore non viene mai nulla di male. In fondo l’amore è sempre dono di sé all’altro. Ma da alcune situazioni emergono pretese tutt’altro che amorevoli. Ad esempio: l’idea che la coppia omosessuale possa avere “diritto” alla genitorialità grazie alla cosiddetta “maternità surrogata” o, detto più brutalmente, utero in affitto. Lì mi pare che l’amore finisca per lasciare spazio alla strumentalizzazione della donna, del bambino e della vita. Non possiamo dimenticare che giustizia è dare alle cose ciò che è loro appropriato. E per la coppia omosessuale è impossibile procreare. Ma so che su questi e altri argomenti le posizioni nel dibattito contemporaneo sono diverse. Il nostro scopo è appunto quello di incontrarci per discutere, per dimostrare la forza delle nostre tesi e delle nostre ragioni.

In ogni caso non sembrano questi i temi principali del convegno…

È vero. Il tema è centrato soprattutto sul modo in cui si formano le identità. Ci è sembrato importante offrire ai nostri giovani un controcanto al pensiero unico che sta progressivamente prendendo possesso dei media. Non a caso ci siamo rivolti a personalità dalla provata affidabilità scientifica. A trattare il discorso su “La relazione con l’altro: il volto come incarnazione dell’identità” abbiamo chiamato il prof. Pietro Grassi (ISSR all’Apollinare – Pontificia Università della Santa Croce – Roma). Mentre lo psichiatra Paolo Di Benedetto – presidente dell’Associazione Medici Cattolici di Rieti – parlerà di “Una sola molteplice identità”.

Al fianco del tema dell’autodeterminazione, il titolo del convegno apre anche al problema della discriminazione sessuale…

È naturale: il dolore che deriva dalla violenza e dalla discriminazione sessuale non può lasciarci indifferenti. È al contrario necessario che il mondo cattolico prenda una posizione di netta condanna di queste aggressioni. Oggi Papa Francesco, con il suo linguaggio semplice e immediato, ci aiuta a rendere più chiara la posizione della Chiesa. «Se una persona omosessuale è di buona volontà ed è in cerca di Dio – ha detto in una intervista – io non sono nessuno per giudicarla». Ma dicendo questo, il pontefice ha solo reso con parole nuove quello che già è scritto nel Catechismo. La religione ha il diritto di esprimere la propria opinione a servizio della gente, ma Dio nella creazione ci ha resi liberi.

One thought on “Sesso: tutti sanno ma non osano dire”

  1. Francesco Saverio Pasquetti

    Sulla sessualità la chiesa non ha una posizione ideologica, se posso permettermi, ma antropologica in senso stretto. la Chiesa non propaganda “ideologie” o “principi” ma, semplicemente, sviluppa secondo la sapienza che le viene dal Magistero gli insegnamenti che Cristo stesso le ha lasciato ed, in primo luogo, quella sacralità della vita umana che è il fondamento di tutta l’antropologia cristiana. Un’antropologia, peraltro, che ha la sua perfetta corrispondenza nella scienza (la naturalità primitiva ed innegabile della relazione uomo donna, “biologicamente” essenziale per la riproduzione della specie) e nel conseguente diritto naturale, che oggettivamente conferisce centralità a tale rapporto. Il “condimento” – mi si passi l’ardito esempio – che la Chiesa aggiunge a tali elementi innegabili e naturalmente irrinunciabili (pena la distruzione della razza umana) è uno ed uno soltanto: l’amore. un amore che, nell’amore supremo del Cristo immolato sulla croce, ricostituisce sull’altare nuziale una sorta di “Trinità figurata” nella quale il concepimento di una vita come dono di questo amore è vera cooperazione degli sposi all’opera creatrice di Dio. Se poi alcuni uomini “di chiesa” usino strumentalmente ed ideologicamente tale antropologia, questo è un altro discorso. Che invece la teoria del “gender” sia ideologia allo stato puro – e neanche di quelle culturalmente e scientificamente attrezzate – è palese. Sostenere difatti che si nasca con un sesso meramente “biologico” e che la c.d. “tendenza sessuale” si acquisisca solo ed esclusivamente per via dell’educazione, della mentalità sociale, degli usi e dei costumi della comunità ove si nasce è teoria scientificamente smentita e psicologicamente e sociologicamente destituita di ogni fondamento. Anzi: è scientificamente appurato (anche se nessuno piscologo o psichiatra si azzarderà mai a dirlo, pena la radiazione dai rispettivi albi) che le naturali tendenze con cui biologicamente si nasce (ed ovvero con il maschio che “tende” a fare il maschio e la femmina la “femmina”) subiscono modificazioni che mi limito a definire “disfunzionali” proprio a fronte dei condizionamenti “ambientali”, primi fra tutti quelli familiari con particolare riferimento al tipo di rapporto intercorso fra i propri genitori ed, ancor più, di quelli che ognuno di noi ha singolarmente con i genitori stessi (vedasi le note figure della “madre castrante” e di quella “inibente”). In ordine alla totale infondatezza scientifica della teoria del gender consiglio l’interessante libro sul notissimo “caso Reimer”, il celeberrimo caso dei due gemelli maschi canadesi. S’intitola “Bruce, Brenda, David: il ragazzo cresciuto come una ragazza”, di John Colapinto, ediz. Paoline

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