Semi di Carità: pellegrinaggio a Lovere, sulle orme di Santa Bartolomea e Santa Vincenza

“Che le nostre Suore restino o meno nella nostra comunità di Castel Sant’Angelo, dobbiamo andare a ringraziare il Signore per avercele donate in tutti questi anni”.

Con queste parole, prima di Natale, il nostro parroco ci ha informati del pellegrinaggio che eravamo chiamati a compiere in terra lombarda, a Lovere, sulle orme di Santa Bartolomea e Santa Vincenza, fondatrici dell’ordine delle Suore della Carità, di cui fanno parte le nostre suore di Canetra. Per alcuni mesi, infatti, abbiamo temuto che esse avrebbero dovuto abbandonarci, e sperato e pregato che così non fosse. Un affidarsi al Signore e ringraziarlo, tramite la figura di queste due Sante, ancora più sentito e gioioso quando, ai primi di gennaio, ci è stato detto che le nostre Suore sarebbero rimaste.

E proprio “Grazia” è stata la parola chiave, il filo conduttore di questi tre giorni, da sabato 22 Aprile a lunedì 24 Aprile, in cui, oltre ad ammirare posti meravigliosi, abbiamo avuto la possibilità di fare un viaggio a ritroso nel tempo, là dove tutto ha avuto inizio. Prima tappa obbligata è stata, infatti, Castegnato, nel bresciano, dove si trova Suor Elisabetta Facchinetti, per ben 9 anni, dal 1998 al 2006, Superiora proprio a Canetra. Un momento veramente commovente nel ricordare quanto bene ha seminato in ciascuno di noi, soprattutto in noi giovani, i “miei Steloni” come ancora ama chiamarci, per cui si è sempre spesa, insieme alle sue consorelle. Proprio a lei, si deve, tra gli altri, la creazione, dopo anni, del Gruppo Giovani della Parrocchia e del CRE, che quest’anno spegne la sua 20* candelina.

Seconda tappa Lovere, ridente cittadina sul lago d’Iseo, dove agli inizi del XIX sec. è stato fondato l’ordine della Suore di Carità. Proprio ripercorrendo le orme delle due Sante abbiamo voluto dire il nostro grazie, e nel contempo cercare di assaporare appieno quella spiritualità, che in quel luogo si respira quasi ovunque, dal Santuario dove sono conservate le reliquie delle due Sante, alle bellezze architettoniche della cittadina, e non da ultimo la tranquillità di una bella traversata del lago in battello. Domenica mattina, nel corso della Santa Messa, è stata poi l’occasione, su invito del vice parroco don Tiberio Cantaboni, di portare una piccola testimonianza sul terremoto che ha colpito le nostre zone, e le varie attività messe in campo per ripartire, con la promessa di continuare a rimanere vicini “nella preghiera e nelle azioni concrete”, magari con una visita nelle nostre zone in estate.

Prima di riprendere la strada di casa, è stata la volta di Milano, presso la Casa generalizia delle nostre Suore, per ringraziare la Madonna Bambina e a Lei affidare tutta la nostra comunità. Proprio qui è infatti conservata la statua originale, quella del celebre miracolo, a seguito del quale le nostre Suore sono comunemente note come “Suore di Maria Bambina” appunto. Un dire grazie e affidarsi a Maria Bambina che, ci ha ricordato il parroco, “è un’ulteriore testimonianza e un invito a prendere la via della piccolezza, della mitezza, per poter accogliere veramente nella nostra vita il Cristo e per primi gioire della Sua Risurrezione”.

Sono stati tre giorni in cui abbiamo potuto toccare con mano una spiritualità molto viva nella sua nobile semplicità, fatta di persone che hanno consacrato tutta la loro vita alla carità verso il prossimo, nel loro servizio concreto alla comunità, ai pellegrini, ai malati, agli ultimi, o ancora più intensamente, quanti, una volta venuta meno la salute, hanno scelto di offrire la loro croce al Signore per gli altri, oggi come allora. “La Chiesa può essere autentica nella sua missione solo sulle orme di Cristo” ci ricorda Papa Paolo VI, e proprio queste orme ci hanno portato in terra lombarda, dove tutto ha avuto inizio, per attingere direttamente ad una delle fonti di quell’Amore che da più di 70 anni irriga la nostra comunità di Castel Sant’Angelo. Spesso gli impegni, le preoccupazioni, le sofferenze quotidiane rischiano di farci smarrire la rotta, ma è allora che è necessario non rimanere immobili, ma continuare la salita, senza mai perdere la rocciosa certezza che il terzo giorno la pietra del sepolcro viene rotolata via.

Ecco perché questo pellegrinaggio, questo ritorno alle origini; ecco perché questo nostro grazie a chi da più di 70 anni ha accettato e ha saputo fiorire là dove il Signore le ha seminate, a chi, oggi come allora, sa essere ancora il seme di quella Carità in grado di far rifiorire ogni giorno il nostro deserto.