Spadaro (La Civiltà Cattolica): «Non difendiamo le idee cattoliche, ma interpretiamo il mondo»

In occasione della pubblicazione del numero 4000, “La Civiltà Cattolica” ha scelto di essere ancora più internazionale con quattro edizioni straniere – coreano, francese, inglese e spagnolo – che traducono una selezione degli articoli già pubblicati quindicinalmente in italiano. Per il direttore, padre Antonio Spadaro, “il rispetto della laicità dello Stato è fondamentale e Francesco mostra che per costruire una società non bisogna vincere sugli altri, ma mettere in dialogo tutte le forze vive”. E su quanti criticano pregiudizialmente il Pontefice aggiunge: “L’impressione è che siano tanti, ma in realtà il rumore è frutto dell’eco. E le dinamiche di odio che si sviluppano non hanno nulla di cristiano”

Le dimissioni di un Papa e l’elezione al soglio pontificio di un gesuita. Mai nessun direttore de “La Civiltà Cattolica” aveva vissuto prima due circostanze tanto sorprendenti. “Mi trovavo in Vaticano il giorno in cui Benedetto XVI fece l’annuncio. Ero a colloquio in Segreteria di Stato, ma percepivo un clima strano. Quando feci rientro in casa, un mio confratello mi diede la notizia. Scoppiai a ridere, e gli dissi che ne avremmo parlato dopo pranzo. Poi andai in camera e vidi che era tutto vero”, rivela padre Antonio Spadaro. Il 13 marzo 2013, invece, era in piazza San Pietro quando Francesco si affacciava per la prima volta dalla loggia: “Un giornalista mi aveva chiesto quante possibilità avesse Bergoglio. Riposi che non ne aveva alcuna. Quando sentii pronunciare il suo nome dal protodiacono, restai pietrificato. Non avevo mai pensato a un Papa gesuita”. Padre Spadaro è al timone della rivista della Compagnia di Gesù dal 2011. In occasione della pubblicazione del numero 4000, “La Civiltà Cattolica” ha scelto di essere ancora più internazionale con quattro edizioni straniere – coreano, francese, inglese e spagnolo – che traducono una selezione degli articoli già pubblicati quindicinalmente in italiano. Ma anche gli articoli della rivista, che ha una vocazione internazionale dagli inizi, sono di autori di tutto il mondo e scritti originariamente in varie lingue.

“Non possiamo rinchiuderci entro i confini nazionali”,

spiega p. Spadaro: “L’obiettivo è creare ponti tra culture. Il coreano è importante, ad esempio, perché l’Asia è un luogo cruciale. Basti pensare che l’edizione inglese non è fatta del Regno Unito, ma a Bangkok”.

Come nasce la rivista. Caratteristico de “La Civiltà Cattolica” è il gruppo di persone che compongono la redazione. Il Collegio degli scrittori, infatti, è interamente formato da gesuiti che vivono sotto lo stesso tetto e si incontrano giorno per giorno. Ogni due settimane, si tiene una riunione per pianificare il numero: “C’è una dimensione quasi monastica. Siamo l’unica redazione al mondo in cui i giornalisti vivono insieme, ed è un miracolo che siamo ancora vivi” scherza p. Spadaro. Gli articoli, poi, sono letti dal direttore che prima della stampa li consegna ad altri due redattori per l’approvazione, anche quelli preparati da gesuiti di altri continenti. Attualmente il gruppo stabile di scrittori è composto da sette persone. Nocciolo duro della diffusione sono gli abbonati, circa 10mila, che permettono a “La Civiltà Cattolica” di essere economicamente indipendente dalla Compagnia.

Rapporto con il Vaticano. A cadenza di quindici giorni, il direttore è atteso in Segreteria di Stato per discutere del numero in pubblicazione. Fino a Giovanni XXIII, era il Papa in persona che rivedeva le bozze: “È un rapporto di servizio con la Santa Sede, un dialogo sugli argomenti che affrontiamo. Francesco l’ha definita una rivista ‘unica per il servizio alla Sede Apostolica’”.

Le questioni da affrontare negli articoli sono decise dalla redazione, anche se talvolta può accadere che siano suggerite dal Papa. I testi, poi, vengono rivisti con la Segreteria di Stato ma “non è una correzione scolastica”. A suggerire prudenza è il fatto che la rivista è “certificata” dalla Santa Sede: dunque su temi come le relazioni diplomatiche, osserva p. Spadaro, “quello che scriviamo viene interpretato da ambasciate e governi come qualcosa di autoritativo”.

Nel rapporto con il Vaticano, prosegue, “non c’è mai stata tensione”: “È un colloquio intelligente. Noi sappiamo di essere al servizio della Santa Sede e che le nostre opinioni hanno un peso. Nel dialogo emergono prospettive e posizioni. A volte si decide insieme circa l’opportunità di pubblicare alcune riflessioni”. Inoltre, “il fatto che il Papa ci abbia detto di recente che la nostra è una interpretazione fedele del suo magistero per noi è non solo occasione di soddisfazione, ma soprattutto di responsabilità”.

Da Pio IX a Francesco. La rivista nasce nel 1850 con un’impronta aggressiva. “All’epoca le pubblicazioni ecclesiastiche erano in latino, mentre nascevano i primi quotidiani che erano percepiti come un pericolo per le opinioni anarchiche e liberali che diffondevano. Nacque allora una rivista militante – sottolinea p. Spadaro -, che assunse la sfida comunicativa del tempo. E questo accade ancora oggi”. “La Civiltà Cattolica” ha attraversato le stagioni dell’Italia vivendo alti e bassi, “si è riempita di incenso e di polvere”. Proprio per questo, però, “non è morta e ferma a 167 anni fa. Diceva Giovanni XXIII che è una rivista che ‘ringiovanisce mentre invecchia’”. Adesso Francesco ha chiesto un ulteriore passo avanti ai suoi gesuiti scrittori:

“La prima volta che lo abbiamo incontrato, nel 2013, ci ha invitato a stare sulle frontiere. Non per verniciarle e annetterle, ma per vivere lì. Il Papa ci chiede di essere una rivista cattolica non perché difende le idee cattoliche, ma perché sa guardare alla realtà con gli occhi di Cristo”.

Tra politica e polemica. “La Civiltà Cattolica” non vuole sostituirsi al compito dei politici o fornire ricette facili. “Piuttosto, vogliamo essere incisivi nell’indicare prospettive e anche vicoli ciechi”, dice p. Spadaro: “Il rispetto della laicità dello Stato è fondamentale. Francesco mostra che per costruire una società non bisogna vincere sugli altri, ma mettere in dialogo tutte le forze vive”. D’altra parte, prosegue, “le persone hanno voglia di partecipare al dibattito culturale e politico, ma faticano a trovare fonti attendibili. Purtroppo prevale la dinamica da ‘camera dell’eco’: chi la pensa in un certo modo, ascolta solo chi la pensa come lui”. E questo accade anche nel mondo cattolico:

“Pensiamo a chi critica pregiudizialmente il Pontefice. Sono poche persone, che però si esprimono sui social network dove fanno grande chiasso. L’impressione è che siano tanti, ma in realtà il rumore è frutto dell’eco. E le dinamiche di odio che si sviluppano non hanno nulla di cristiano”.