Sblocca Italia: opere tante, tempi incerti

È il limite del provvedimento “Sblocca Italia” che pone una seria ipoteca.

I titoli ad effetto, come si sa, spesso eludono la sostanza. Negli ultimi anni, sono stati tanti i “titoli” che hanno riguardato il Mezzogiorno: dal “Piano per il Sud” al “Decreto del Fare”, che nelle intenzioni dovevano lenire la condizione di arretratezza del Sud e – insieme ad una nuova impostazione di gestione e utilizzo dei fondi messi a disposizione dall’Europa – garantire il rilancio dell’economia. Ora, il titolo che ha scelto il Governo è lo “Sblocca Italia”, per il decreto che dovrebbe favorire lo sviluppo.

Per il Centro-Sud, le opere più importanti in programma riguardano le infrastrutture: gli assi ferroviari Napoli-Bari e Palermo-Messina-Catania; l’ammodernamento e l’adeguamento dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria; il trasporto pubblico locale in Calabria; l’aeroporto di Salerno; la tratta terminale pugliese del corridoio ferroviario adriatico Bologna-Lecce la tratta Colosseo-Piazza Venezia della Linea C di Roma; il completamento della Linea 1 della metropolitana di Napoli; la messa in sicurezza dei principali svincoli della Strada Statale 131 in Sardegna; l’adeguamento della statale 372 Telesina tra Caianello e Benevento; il completamento della statale 291 in Sardegna; il ponte stradale di collegamento tra l’autostrada per Fiumicino e l’EUR; l’asse viario Gamberale-Civitaluparella e il completamento del sistema idrico integrato della Regione Abruzzo. Tutte opere attese da anni – alcune delle quali da qualche decennio – che, se fossero realizzate, concorrerebbero in maniera determinante a costruire “un altro” Sud. Si pensi solo all’importanza dell’Alta Velocità tra Roma e Napoli. Ha quindi ragione chi, all’interno del Governo – come il Ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi e quello per gli Affari Regionali, Carmela Lanzetta – rivendica le scelte fatte nel contesto della priorità, che si intende dare al Mezzogiorno.

È proprio questo il punto da sottolineare: la questione della priorità. Se questa si voleva garantire, sarebbe stato necessario stabilire tempi certi di realizzazione delle opere, individuazione delle risorse e modalità di spesa. In molti casi, queste condizioni non sono state rispettate e, di fatto, la loro elusione, preclude l’obiettivo della priorità e consegna una prospettiva ancora una volta vaga di sviluppo del Sud, dove peraltro – come documenta il Rapporto 2014 dello Svimez (Associazione per lo sviluppo industriale del Mezzogiorno) – i cittadini continuano a pagare tributi fiscali superiori a quelli del Nord, pur ricevendo di meno in termini di servizi e infrastrutture.

La proclamata priorità, a cui non corrisponde un’adeguata determinazione di tempi e risorse, si aggiunge ad una situazione strutturale di debolezza del Sud, che non riesce neanche a spendere quote rilevantissime dei Fondi europei a disposizione, la maggior parte dei quali potrebbero essere utilizzati proprio per le opere infrastrutturali. Per la passata programmazione 2007-2013, solo in Campania, Sicilia e Calabria ci sono ancora 26 miliardi di euro rimasti da spendere e rendicontare nel corso di quest’anno. Per il 2014-2020, tra fondi direttamente regionali e quota dei programmi nazionali destinati al Sud, sono 12 i miliardi di euro a disposizione del Sud. Al fine di velocizzare la spesa, il Governo ha deciso di abolire i co-finanziamenti nazionali legati ai Fondi europei e di varare più piani regionali con fondi nazionali, senza variare l`impatto di risorse dovute sul Mezzogiorno. Molti temono che, spostando le risorse da un capitolo di spesa vincolato ai Fondi Ue verso uno tutto nazionale, si perdano somme “per strada”, come già accaduto per i Fondi Fas. Non è un rischio da sottovalutare ed è comunque l’ennesima prova del fatto che senza un’autorità del Governo centrale che coordini sul serio le attività che si svolgono nelle regioni meridionali – assumendone per intero la responsabilità – c’è poco da sperare per risolvere le priorità del Sud.