Il san Girolamo del Guercino

La pala d’altare realizzata nel 1641 per la Confraternita di San Girolamo, oggi custodita a Rimini presso il Museo della Città

“Tutto avevo tagliato per il regno dei cieli, e me n’ero andato a Gerusalemme a militare per Cristo. Ma dalla mia biblioteca, messa assieme a Roma con tanto amor e tanta fatica, proprio non avevo saputo staccarmi, Povero me! Digiunavo e poi andavo a leggere Cicerone…D’un tratto ho come un rapimento spirituale, Mi sento trascinato davanti al tribunale dei Giudice mi si chiede chi sono: Un cristiano rispondo. Ma il Giudice dal suo trono esclama: Bugiardo! Sei ciceroniano, tu, non cristiano! Dov’è il tuo tesoro là è il tuo cuore”. Questa particolare e suggestiva vicenda viene raccontata da san Girolamo in persona in una lettera inviata tra il 383 ed il 384 d.C. alla vergine Eustochio (Epistola XXII). L’episodio rappresenta un momento fondamentale della vita del santo: la visione celeste avviene in un luogo lontano, silenzioso e solitario, il deserto della Calcide, nel sotteso clima penitenziale e meditativo dell’ascesi spirituale. La lettera, allo stesso tempo parla dell’amore per la tradizione delle lettere classiche e per gli studi del mondo antico, da cui il dottore della Chiesa difficilmente riesce a staccarsi. Il santo della Vulgata fu una figura importantissima per la cristianità e moltissime furono le rappresentazioni a partire dal Medioevo fino al XVII secolo, secondo due fortunati filoni iconografici: Girolamo fu rappresentato come asceta del deserto in penitenza, seguendo il filo della narrazione della Legenda Aurea, oppure come eminente cardinale umanista nel suo studio, modello più vicino alla sensibilità rinascimentale.
Uno degli artisti che maggiormente si confrontò con la figura del santo fu Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino, come testimoniano i numerosi dipinti, pale d’altare e disegni, con varianti e modelli, espressione di una ricerca intensa e profonda: figure intere, a mezzo busto, isolate, inserite in diversi contesti.
In questo contesto risulta di particolare rilievo la pala d’altare realizzata nel 1641 per la Confraternita di San Girolamo, oggi custodita a Rimini presso il Museo della Città. L’artista di Cento voleva realizzare un’immagine che potesse rappresentare una sintesi delle due tradizioni iconografiche: quella del santo nello studiolo e dell’asceta mistico del deserto. Guercino per realizzare la pala riminese, diversamente dalla precedenti rappresentazioni, decise quindi di orientarsi maggiormente verso i testi di Cesare Baronio che negli Annales Ecclesiastici, aveva proposto una rinnovata biografia geronimiana. Inoltre rielaborò due sue precedenti opere: la “Visione di San Girolamo” del 1621 (Parigi, Museo del Louvre) ed il “Suicidio di Catone” (Genova, Galleria comunale in Palazzo Rosso) del 1641.
Il “San Girolamo” del 1641 rappresenta quindi un compendio di testo e immagine, realizzato attraverso la delicata misura frutto della tradizione accademica bolognese. Il paesaggio ha i profili duri e taglienti delle rocce che distinguono l’ambiente arido del deserto, i pochi alberi inseriti hanno una colorazione opaca e sfumata, quasi a voler indicare un clima secco e povero; unica presenza animale è il leo mansuetus, che compare come riferimento alla tradizione agiografica. Il santo ha il corpo esile, tutto tendini tesi e ossa rigide come tronchi, mentre a dare colore all’immagine è solo un ampio panneggio rosso, in allusione alla dignità cardinalizia. Girolamo è concentrato nello studio dei testi sacri, ma viene scosso dall’apparizione di un angelo che suona vigorosamente la tromba del Giudizio.
Guercino enfatizza la sensazione di stupore e paura, attraverso il moto dell’asceta, che apre le braccia e distende il corpo lungo una diagonale. Significativo è il gesto di sospensione della penna d’oca stretta tra le dita, che allude proprio al distacco dallo studio. Per caricare maggiormente il turbamento reo del ciceronianum, l’artista offre al santo le sembianze di Catone, il celebre censore romano. La bellezza dell’opera si riflette infine nella sapiente stesura cromatica che caratterizza i colori del cielo, della veste gialla dell’angelo nella raffinata declinazione tonale delle nubi, che donano all’opera un’atmosfera sospesa ed imminente.