Rifugiati di via Salaria, l’impegno prosegue

Alla vigilia della Giornata mondiale che la Chiesa dedica a migranti e rifugiati, nuova visita da parte dei responsabili degli uffici diocesani al villino di via Salaria divenuto ormai emblema dello stato di incertezza e dimenticanza in cui versano quei rifugiati vittime di inefficienze della pubblica amministrazione e della mancanza di scrupoli di chi, anche a Rieti, ha provato a lucrare sulla loro pelle. A interessarsi del problema degli africani che occupano lo stabile nei pressi di Fonte Cottorella pare essere al momento soltanto la Chiesa locale. Così il gruppetto ha ricevuto la visita dei responsabili di Caritas, Migrantes e Pastorale sociale. Don Benedetto Falcetti, il diacono Arnaldo Proietti e don Valerio Shango hanno incontrato i rifugiati per verificare la situazione, dopo che, grazie all’appello degli organismi ecclesiali in occasione delle festività natalizie, qualche generoso è intervenuto in aiuto a quei derelitti lasciati nell’abbandono più totale senza riscaldamento, senza acqua calda e senza luce. Qualcosa si è fatto, ma tanto rimane da fare, dato che lo scenario che si presenta a chi entra nel villino è ancora di forte miseria e degrado. Il dramma esistenziale dei rifugiati, a parte le condizioni precarie in cui vivono, è la difficoltà a inserirsi nel tessuto sociale cittadino e nella vita lavorativa (visto che sono rimasti esclusi da ogni progetto, date anche le vergognose vicissitudini di una mala gestione su cui ora indaga la magistratura). Dalla Chiesa reatina, dunque, arriva l’intenzione di affiancare queste persone nella ricerca una via d’uscita. Un tentativo, spiegano i responsabili dei tre uffici diocesani, «da portare avanti nel rispetto dei migranti e in collaborazione con le istituzioni nella speranza di poter chiudere definitivamente questa triste pagina della più recente storia cittadina», favorendo il passaggio «da un atteggiamento di difesa, di paura, di disinteresse o di emarginazione, ad un approccio che abbia alla base la “cultura dell’incontro”, l’unica capace di costruire un mondo più giusto e fraterno».

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