Rieti tra accoglienza, incontro e collaborazione

E dire che, nel suo lavoro di autista Cotral, ne incontra tanti di stranieri, specialmente quelli che transitano da e verso la capitale. Quando mai avrebbe pensato che, diventato diacono della Chiesa reatina, si sarebbe trovato a operare nella pastorale specificamente dedicata a loro…

Così è capitato ad Arnaldo Proietti, da alcuni mesi incaricato dal vescovo di Rieti di dirigere la Migrantes diocesana. Per istituire un ufficio nell’organigramma di Curia specificamente dedito alla pastorale delle migrazioni (prima era un settore dell’Ufficio missionario) il vescovo Lucarelli ha pensato a lui, ministro ordinato che al servizio in una parrocchia aggiunge ora l’attenzione a questa dimensione sempre più irrinunciabile in una società dalla forte multietnicità e mobilità che non risparmia le piccole realtà.

Arnaldo, che a tale sensibilità non è nuovo avendo sposato una donna dell’Est europeo, è reduce dell’incontro che l’ufficio da lui diretto ha organizzato giovedì scorso per lanciare la riflessione sull’importanza di passare, con i migranti, “Dall’accoglienza all’integrazione”: questo il titolo del pomeriggio svoltosi con il contributo di due esperti della pastorale migratoria, quale l’incaricato regionale monsignor Pierpaolo Felicolo e un sacerdote impegnato nel settore, don Denis Kibangu Malonda, coordinatore nazionale per i cattolici africani francofoni.

Lo scopo dell’incontro, spiega il diacono Arnaldo, è «di far conoscere anche a Rieti questo servizio e far capire alla gente di che cosa si occupa». La questione immigrati, infatti, troppo spesso viene identificata dai credenti con l’azione di solidarietà che parrocchie, volontariato e centri Caritas espletano nei loro confronti (a tal proposito, anticipa Proietti, è in programma all’inizio del 2014 un simposio tra Caritas italiana e Fondazione Migrantes per definire le specifiche competenze), mentre «dobbiamo appunto compiere il passo successivo: l’integrazione degli immigrati nella nostra vita ecclesiale».

Se la prima cosa a cui sensibilizzare è certamente il saperli accogliere, «è però importante poi conoscerli, sostenerli, aiutarli a inserirsi nel tessuto religioso e sociale». Offrendo loro spazi e occasioni specifiche, ma anche vivere momenti come quello che si organizzerà in diocesi in primavera: una festa dell’integrazione. «Cominciamo a conoscerci e far conoscere, per iniziare poi a lavorare insieme con loro».

Foto di Massimo Renzi.

[download id=”404″]

[download id=”405″]