Rieti e lo spazio immondizia

A Rieti tanto spazio è immondizia. Non nel senso che c’è l’immondizia: ad essere immondizia è proprio lo spazio.

Fin troppi angoli della città sembrano il risultato di un processo di accumulo incontrollato e mai progettato.

Sul disegno, la razionalità, l’intelligenza, sembra vincere un’automatica addizione di materia su materia. E mentre si continua a chiacchierare d’urbanistica, la realtà della città sembra fortemente caratterizzata da un discutibile spontaneismo, da una sostanziale mancanza di volontà.

Gli esempi non mancano: le campane della differenziata sulle aiuole del tribunale, i pali della segnaletica e della pubblicità piantati nel bel mezzo dei marciapiedi di viale Maraini, le innumerevoli superfici dedicate all’affissione abusiva…

È in questa anarchia urbana, in questo spazio privo di forma e identità, che i cittadini si trovano a vivere e a imparare a vivere. In mancanza di un progetto, di un’idea, di elementi condivisi, la città non può diventare altro che una scuola di sopraffazione e prepotenza.

Il disordine e la provvisorietà si fanno modo di pensare. Il Comune può piantare tutti i paletti che vuole: il parcheggiatore abusivo riguadagna il suo spazio semplicemente sostando a ridosso dei nuovi limiti. Tanto – come sempre – è solo per cinque minuti.

Se non ci credete guardatevi intorno. Anzi, forse è meglio guardarsi dentro. Perché conviene misurare quanto siamo permeati da questa mentalità, quanto ci siamo assuefatti a questo abbruttimento. Il brutto, lo sporco, la violenza, ci si attaccano dentro come un virus.

È il caso di prenderne atto, di fare una ricognizione di questo male che ci governa, se pensiamo sia utile cercare una cura, se crediamo di essere ancora capaci di guarire, o almeno di fare un po’ meglio.