«Questo mondo non riconosce la strada della pace, ma vive per fare la guerra, con il cinismo di dire di non farla»

Che la guerra sia il male, tutti lo sanno. Perché, allora, nel mondo si combattono ancora guerre? Forse a causarle è l’istinto animale che domina la sensibilità umana? Le guerre sono perse da tutti: non vi sono né vincitori né vinti.

Da sempre si cercano risposte agli interrogativi suscitati dalla guerra, in costante cambiamento quanto ai suoi strumenti e alla sua immagine, ma sempre identica a se stessa nei meccanismi che la guidano. Tra i numerosi pensatori che si sono confrontati con il tema bisogna ricordare due celebri giornalisti e viaggiatori, il polacco Ryszard Kapuscinski e l’italiano Tiziano Terzani.

Kapuscinski è vissuto in tempo di guerra. Le immagini dell’invasione nazista in Polonia si sono impresse in profondità nella sua memoria e sono riaffiorate continuamente durante i suoi viaggi, soprattutto quelli in Africa, dove il reporter è stato testimone di diverse rivoluzioni.

Nella sua attività giornalistica Kapuscinski non si è mai stancato di mettere in evidenza i gravi danni che la guerra arreca all’uomo e al mondo: un punto di vista di cui sempre si fa portavoce chi ha sperimentato personalmente la tragedia di un conflitto. Nel suo libro La prima guerra del football e altre guerre di poveri così scriveva: «L’uomo che è sopravvissuto alla grande guerra è diverso da quello che non è sopravvissuto a nessuna guerra. Si tratta di due diversi tipi di persone. Non possono mai trovare un linguaggio comune, perché in realtà non si può descrivere la guerra; non è possibile condividerla, non si può dire a qualcuno: prendi un po’ della mia guerra».

Kapuściński intendeva la guerra come il risultato delle tre piaghe che affliggono il mondo: nazionalismo, razzismo e fondamentalismo religioso. Da queste non ci si può attendere altro che il peggio. Tuttavia, la vero origine di ogni guerra si trova nelle profondità dell’uomo, in quel disordine interno che può determinare conseguenze imprevedibili e dannose per tutti. Quandol’uomo è interamente concentrato su di sé non può avere occhi né cuore per quanto gli accade intorno.

Nel suo libro Lettere contro la guerra Tiziano Terzani polemizza con Orianna Fallaci, giornalista italiana nota per il suo atteggiamento critico e aggressivo nei confronti dell’Islam. L’aggressività genera solo ulteriore aggressività e non può dunque essere una soluzione al problema della guerra. Al contrario, essa può solo esacerbare le divisioni, incluse quelle interne all’individuo.

«O tu pensi davvero che la violenza sia il miglior modo per sconfiggere la violenza? Da che mondo è mondo non c’è stata ancora la guerra che ha messo fine a tutte le guerre. Non lo sarà nemmeno questa». Pertanto «le guerre sono tutte terribili. Il moderno affinarsi delle tecniche di distruzione e di morte le rendono sempre più tali. Pensiamoci bene: se noi siamo disposti a combattere la guerra attuale con ogni arma a nostra disposizione, compresa quella atomica, come propone il Segretario alla Difesa americano, allora dobbiamo aspettarci che anche i nostri nemici, chiunque essi siano, saranno ancor più determinati di prima a fare lo stesso, ad agire senza regole, senza il rispetto di nessun principio». Terzani ribadisce che la violenza non può essere la risposta alla violenza. Solo l’eliminazione delle ragioni alla base delle guerre porterà realmente la pace nel mondo. «Non si tratta di giustificare, di condonare, ma di capire. Capire, perché io sono convinto che il problema del terrorismo non si risolverà uccidendo i terroristi, ma eliminando le ragioni che li rendono tali».

Secondo Terzani, le cause dei conflitti e del terrorismo sono sempre complesse e le responsabilità ascrivibili a molti. Al fondo vi sono problemi globali: la fame, la povertà, l’intolleranza e l’ingiustizia sociale. «Ancor più di una coalizione contro il terrorismo, il mondo ha bisogno di una coalizione contro la povertà, una coalizione contro lo sfruttamento, contro l’intolleranza».

Il volume di Terzani è un invito a riflettere sulle guerre attuali. «Perché non fermarsi prima? Abbiamo perso la misura di chi siamo, il senso di quanto fragile ed interconnesso sia il mondo in cui viviamo, e ci illudiamo di poter usare una dose, magari “intelligente”, di violenza per mettere fine alla terribile violenza altrui».

La guerra è una realtà contraria della pace. La pace è un dono di Dio che, come ogni regalo, si può accettare o rifiutare. Rifiutandolo, però, ci si condanna a vivere con la minaccia dei conflitti. Tutto inizia nel cuore dell’individuo. Quando sorgono conflitti interni nell’uomo, questi si estendono fatalmente alla vita sociale, delle famiglie, dei paesi e del mondo. Il primo omicidio, la prima guerra di cui ci parla la Bibbia, è nato nel cuore di Caino. Le ragioni immediate sono state la gelosia e l’invidia, ma anche l’egocentrismo e l’egoismo hanno inciso.

Oggi viviamo la stessa situazione. La forza trainante di ogni guerra è l’egoismo, che è sempre distruttivo. Su questo punto papa Francesco richiama sempre con forza la nostra attenzione. Durante la veglia di preghiera per la pace svoltasi in piazza San Pietro il 7 di settembre 2013 il pontefice così si espresse: «Ma domandiamoci adesso: è questo il mondo in cui viviamo? Il creato conserva la sua bellezza che ci riempie di stupore, rimane un’opera buona». Ma ci sono anche «la violenza, la divisione, lo scontro, la guerra». Questo avviene quando l’uomo, vertice della creazione, lascia di guardare l’orizzonte della bellezza e della bontà e si chiude nel proprio egoismo. Quando l’uomo pensa solo a sé stesso, ai propri interessi e si pone al centro, quando si lascia affascinare dagli idoli del dominio e del potere, quando si mette al posto di Dio, allora guasta tutte le relazioni, rovina tutto; e apre la porta alla violenza, all’indifferenza, al conflitto.

Questo è uno solo dei testi papali che si potrebbero citare. Bergoglio è tornato diverse volte sul tema. Per esempio, ricordando le vittime delIa prima e della seconda guerra mondiale, il Santo Padre ha detto: «Oggi noi le ricordiamo (le vittime, ndr). C’è il pianto, c’è il lutto, c’è il dolore. E da qui ricordiamo le vittime di tutte le guerre. Anche oggi le vittime sono tante… Come è possibile questo? È possibile perché anche oggi dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, c’è l’industria delle armi, che sembra essere tanto importante! E questi pianificatori del terrore, questi organizzatori dello scontro, come pure gli imprenditori delle armi, hanno scritto nel cuore: “A me che importa?». E ancora: «Il mondo continua a fare la guerra, a fare le guerre. Il mondo non ha compreso la strada della pace. Noi abbiamo preferito la strada delle guerre, la strada dell’odio, la strada delle inimicizie. Una guerra si può “giustificare”, sia detto fra virgolette, con tante ragioni. Ma quando tutto il mondo, come è oggi, è in guerra, una guerra mondiale a pezzi, dappertutto, non c’è giustificazione».

Le parole del Papa sono inequivocabili: condannano la violenza di ogni tipo, soprattutto quella che si giustifica ricorrendo alla religione. A tal proposito, i suoi tristi rilievi sono incontestabili: «Questo mondo non riconosce la strada della pace, ma vive per fare la guerra, con il cinismo di dire di non farla».

L’unica giusta guerra è quella che si svolge all’interno di noi stessi, la lotta quotidiana tra il bene e il male. Dall’esito di questa battaglia dipende la possibilità o meno che le guerre cessino di insanguinare il nostro mondo.