Provincia, Risorse Sabine. Costini a Rinaldi: dimissioni, gesto di dignità

Risorse Sabine, sciopero. 9 luglio 2013. Foto di Massimo Renzi

Caro Giuseppe,

mi permetto di scriverti pubblicamente ed a livello personale, perché Ti ho conosciuto, prima come amministratore locale e poi sui banchi della provincia, come uomo politico, che al di là delle differenze culturali profonde tra noi, stimabile, legato al territorio, il cui impegno non era dettato da sete di potere, ma dalla volontà di servizio alla nostra Terra.

Ti scrivo sulla drammatica situazione di Risorse Sabine, ben sapendo che tu sei solo il terminale, temporale e politico, di una serie di errori, di superficialità che ci hanno portato alla conclusione vergognosa di questi giorni, e non sicuramente il responsabile principale di quanto avvenuto.

Ma nonostante questo tu oggi rappresenti questa provincia, ne sei figura apicale, e pertanto hai la responsabilità morale ed amministrativa di quanto sta avvenendo.

Quanto successo ai lavoratori di Risorse Sabine è il combinato disposto di mala politica, cattiva gestione e scelte assurde, che hanno vista centinaia di donne ed uomini essere trascinati per decenni, prima come LSU, poi come dipendenti di società pubbliche, nell’inferno di un percorso di precariato, prima di tutto mentale, ammaliati ed illusi da promesse, speranze, che di volta in volta venivano sconfessate e immediatamente riproposte. Fino ad oggi, momento in cui 107 persone, con le loro storie, la loro vita, la propria aspettativa per il futuro vengono abbandonati ai margini della società, non da un imprenditore sciacallo, non da una multinazionale senza volto, non da speculatori che vampirizzano le comunità, ma dallo Stato.

Dall’istituzione che dovrebbe rappresentare la massima garanzia, l’ultimo baluardo, la certezza, dove chi è in difficoltà va a cercare sicurezza e rifugio.

Conclusione di un processo dove le colpe della politica sono immense, a partire dalla creazione di società pensate all’inizio come semplici contenitori di manodopera, destinate a trasferire la propria “merce umana” prima o poi nella stabilizzazione; poi, quando la storia cominciava a cambiare, quando la spending rewiew, parole straniere che servono a nascondere la ferocia dell’idolatria di mercato, diventava l’unico sestante delle politiche pubbliche, il tentativo di dare corpo e significato alle scatole. Ma che alla fine, senza la capacità di percorrere itinerari alternativi, la conclusione sarebbe stata il licenziamento di tutti, lo sapevamo da almeno 5 anni, da quando cioè la demagogia aveva convinto tutti che il problema dell’Italia era rappresentato dalle provincie, la cui abolizione avrebbe reso la nostra Nazione moderna e ricca.

Ovviamente puttanate, figlie del connubio tra qualunquismo e interessi mercatistici, di una finanza che vuole sempre meno stato per poter fare i propri interessi libera da legacci etici.

Cinque anni in cui nessuno ha pensato, immaginato, quantomeno provato a costruire una strada, un viottolo che desse speranza a 107 persone.

Fino all’ultimo quando la regione non ha voluto provare a percorrere la strada della mobilità in altre società partecipate, pur prevista dalla legge, ed ancora quando, convocato un tavolo per preparare la partecipazione del nostro territorio all’Expo di Milano, nessuno ha pensato di coinvolgere una società pubblica che aveva nel suo statuto come primo punto “la valorizzazione del territorio”. Fino a giungere all’epilogo che vede il consiglio comunale di Rieti, nel mentre tu depositava l’istanza di fallimento, non avere neanche il sussulto di presentare un ordine del giorno di solidarietà con i lavoratori, atto che non si è mai negato nessuno, troppo impegnati i consiglieri a litigare sulla presidenza di una commissione di cui nessuno comprende l’utilità reale.

Assenti tutti, a tutti i livelli, capaci solo di recitare copioni già visti, utili solo alla stampa per poter fare titoli in momenti di magra.

La vicenda di Risorse Sabine rappresenta la vera Caporetto della politica reatina, l’immagine vergognosa di una classe dirigente incapace di reagire alla crisi, priva della dignità necessaria ad opporsi all’arroganza di una politica romana che distrugge i territori, in una forma di cannibalismo che sembra mostrare un ancestrale odio nei confronti di genti che hanno preferito la qualità della vita al profitto.

Ed allora Giuseppe Ti chiedo, appellandomi alla tua serietà, al tuo essere un vero politico e non un moderno cacciatore di immagine, di fare un gesto di orgoglio: dimettiti, tira in faccia a consiglieri ed assessori regionali, a piccoli mestatori, a grandi registi un gesto di dignità che rappresenti tutto un territorio, che restituisca alla Politica, quella vera, almeno la sua rispettabilità.

Allora sì che saresti il Presidente della Provincia di Rieti, simbolo di una terra drammaticamente piegata dalla crisi, abbandonata e vilipesa ma che almeno nella sua ignorante arroganza ritrova la propria onorabilità.