Prima di tutto l’uomo e il padre. Un ricordo di don Luigi

Potrei raccontare quanto fatto da Don Luigi Bardotti per Rieti e per la sua Parrocchia:il restauro di San Domenico, da lui voluto con ostinata volontà, l’impegno per il magnifico organo all’interno della Basilica, l’amore con cui ha seguito la banda Città di Rieti e tanto altro. Ma è già nella storia della città e tutti noi lo sappiamo.

Invece, oggi, dopo due giorni di lacrime e tristezza, che ancora accompagnano e scandiscono le mie ore, vorrei scrivere dell’uomo, del padre, dell’amico e di un punto di riferimento per la mia vita.

Dopo anni di lontananza dalla Fede, nel 1999 andai alla Messa. La parabola del giorno quella del figliol prodigo: io, in fondo alla Chiesa, non potevo credere alle mie orecchie. L’omelia sembrava tarata su di me. Coincidenze? Può darsi, anche se ritengo che nulla accada per caso.

Qualche mese dopo, decisi di ricevere il Sacramento della Cresima. Era l’anno del Giubileo. Disse che sarebbe stata una cerimonia semplice, per adulti. Invece, a sorpresa, banda, processione della domenica delle Palme e diretta TV…Da allora c’è sempre stato.

Abbiamo insieme attraversato momenti felici e altrettanti bui, in cui lui ha seguito me e la mia famiglia, soprattutto mia madre e Giuseppe, mio marito, lontano dalla Fede e che pian piano si è avvicinato sotto la guida di Don Luigi. In punta di piedi è entrato nel nostro percorso individuale e di coppia.

E quando, da fidanzati, eravamo in crisi quanti fazzoletti gli ho consumati in sacrestia.

Mi confessavo, ma in realtà erano conversazioni di un genitore con una figlia: affermavo di essere “cattiva” ed a queste parole rideva come un matto!

Poi la preparazione al matrimonio, la celebrazione in San Domenico che per l’occasione aveva voluto adornare con i paramenti più belli per l’altare e con gli oggetti più preziosi.

Di mia madre non si è mai ricordato bene il nome: per lui era la madre di Ombretta e mamma me lo raccontava col sorriso.

Quando parlava con mio marito, concludeva sempre con “bravo Giuseppe” ed una pacca sulla spalla.

E poi il Battesimo di mio figlio, che porta, come secondo nome, proprio Luigi che mia sorella ha voluto dargli anche in onore di questo sacerdote così attento alle mie vicende.

Durante l’omelia, spesso mi citava per nome. Mi sorrideva dall’altare.

Le sue liturgie della Settimana Santa mi commuovevano sino alle lacrime vedendo quanto sentisse quel tempo forte per la Chiesa. Ancor più negli ultimi anni quando la malattia lo affaticava, però lui andava avanti portando la sua croce.

E quanto ci ha insegnato!

Giuseppe non voleva mai partecipare alla lavanda dei piedi: gli diceva che non se la sentiva, come Pietro gli rispondeva lui.

Una vicinanza ed un’empatia che ne faceva qualcosa di più che un parroco per me, per noi.

E poi altri momenti bui: il funerale di mio padre, col quale discuteva sempre.

Perché a parole papà criticava il clero, ma poi sapeva riconoscere con quali preti poter dialogare.

E proprio il giorno delle esequie, cominciò con un “oggi saluto prima di tutto un amico”. Eh sì, mi raccontava sempre che quell’uomo polemico che in Chiesa si metteva sempre in un angolo ad aspettare la moglie, era più vicino a Dio di quanto non si potesse immaginare. E gli lanciava frecciatine anche durante la Messa.

Questo era Don Luigi per me e per la mia famiglia. E lo sarà sempre.

Ho pensato spesso che quando se ne sarebbe andato avrei provato lo stesso vuoto e lo stesso dolore sentito per la scomparsa di papà. Così è stato.

Perché mi sentivo, mi sento figlia, di chi mi ha in qualche modo seguito ed aiutato quando i dubbi, il dolore, l’angoscia opprimevano il mio cuore. Riuscendo a darmi speranza, pur dicendomi rattristato “non hai più la spensieratezza di una volta”. Anche in quel caso aveva ragione e comprendeva che mi ero incupita, che qualcosa dentro si era spezzato. Dopo avergli parlato, sul mio volto sorgeva inevitabilmente un sorriso e tornavo a casa riflettendo sulle sue raccomandazioni.

Ora serbo nel mio cuore tanti altri ricordi.

Domenica è stata una lunghissima giornata. Quella telefonata ha cambiato tutto, ancora una volta.

Nella camera ardente l’ho ringraziato come facevo dopo i nostri colloqui.

Non riuscivo ad uscire da San Nicola. L’ultimo strappo mi appariva insopportabile.

Non lo vedrò più alzare le braccia e chiamarmi con dolcezza quando mi incontrava. Non sentirò più quella risata bonaria. Ma lo voglio ricordare così, dimenticando gli ultimi tempi quando il passo cedeva e gli occhi erano velati dalla fatica e dalla consapevolezza che se ne sarebbe andato presto da questa terra.

Era un uomo: aveva paura della morte, pur essendo un sacerdote. E questa umanità l’ha spesso raccontata, senza paura di mostrare le sue fragilità ed i suoi limiti.

Questo era Don Luigi. Almeno questo era il “mio” Don Luigi.

Il senso di vuoto di questi giorni, pian piano verrà colmato dalla riconoscente consapevolezza di quanto questo incontro mi abbia arricchito e per cui ringrazio Dio.

Arrivederci Don Luigi, resterai, comunque, un compagno del mio cammino e un giorno, ne sono certa, ci ritroveremo.

Ti voglio bene.