Un Piano per il rispetto, contrastare ogni forma di violenza e discriminazione

L’obiettivo è contrastare ogni forma di violenza e discriminazione e favorire il superamento di pregiudizi e disuguaglianze.

Qualche giorno fa, al teatro Eliseo di Roma, la ministra Valeria Fedeli ha presentato alle famiglie, ai docenti e agli studenti il “Piano nazionale per l’educazione al rispetto” che la scuola (ma nel complesso la società intera) è chiamata a declinare nei suoi innumerevoli ambiti. L’obiettivo espresso dal Ministro nel corso della presentazione è quello di contrastare ogni forma di violenza e discriminazione e favorire il superamento di pregiudizi e disuguaglianze, secondo i principi espressi dall’articolo 3 della Costituzione italiana.

Ancora una volta si torna a sottolineare l’importante ruolo della scuola che “può e vuole essere un fattore di uguaglianza, protagonista attiva di quel compito – “rimuovere gli ostacoli” – che la Repubblica assegna a se stessa. Ascolto, dialogo, condivisione: il rispetto significa tutto questo, significa fortificare la democrazia, migliorare la qualità di ogni esperienza di vita, contribuire a far crescere condizioni di benessere per tutte e tutti”. Per la realizzazione del Piano presentato sono previsti consistenti stanziamenti di denaro: 8,9 milioni di euro per progetti e iniziative per l’educazione al rispetto e per la formazione delle e degli insegnanti
Tra le tematiche affrontate dal Piano e nel portale di riferimento (www.noisiamopari.it) ci sono: la parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere, il contrasto al cyber bullismo e alla diffusione dell’odio in rete. Fra i punti del Piano lanciato c’è poi il rafforzamento degli Osservatori attivi presso il Ministero sui temi dell’integrazione, dell’inclusione.

Il Piano prevede inoltre anche la promozione, il 21 novembre prossimo, del nuovo Patto di corresponsabilità educativa per rinsaldare il rapporto fra scuola e famiglia. E la distribuzione a tutte le studentesse e gli studenti di un opuscolo recante gli articoli della Costituzione.

L’iniziativa dunque è onorabilissima e tenta di colmare drammatiche lacune. L’impressione, però, è che la vera questione sia anteriore al concetto di rispetto e riguardi il livello di consapevolezza che i giovani di oggi hanno delle istituzioni, della complessità che regola e garantisce il sistema di convivenza democratica. In buona sostanza, ci domandiamo quanta familiarità abbiano i nostri adolescenti con concetti base quali democrazia e libertà, e quindi partecipazione attiva al percorso di cittadinanza. Il terreno è insidioso e ricco di fuorvianti interpretazioni. E’ lì che scricchiola il sistema. Come si può spiegare il rispetto a chi è privo (o quasi) del senso delle istituzioni e dell’appartenenza alla collettività sociale? Tornano a emergere i corti circuiti che identificano il nostro attuale sistema sociale ed educativo.

La sfiducia, il senso di non appartenenza, l’individualismo spinto, avallato e amplificato dai mass media, la mancanza di concretezza delle conoscenze impartite, la storia del nostro Paese raccontata come se fosse una mera paginetta, la strisciante assenza della memoria e la tendenza alla diserzione al ricordo collettivo hanno consolidato un senso di estraneità che poi conduce inevitabilmente a compromettere le radici stesse del rispetto.

Per comprendere che l’altro va rispettato occorre assimilare la dimensione etica e storica del principio di uguaglianza e comprendere profondamente il valore dell’appartenenza a una comunità solidale e garantista dei diritti e dei bisogni di tutti, anche dei più deboli.
Ci vorrebbe una bella rivoluzione culturale. Siamo pronti a farla?

Silvia Rossetti