Padri e figli, don Domenico: «senza autorità non c’è responsabilità»

Guardando dentro la crisi della famiglia durante il convegno internazionale “La famiglia: nucleo da preservare”, svolto il 25 settembre presso il Salone Papale del Vescovado di Rieti, il vescovo Pompili si è soffermato sul tramonto della differenza tra le generazioni, «che ha decretato, tra l’altro, la fine dell’autorità».

Riprendendo un ragionamento del 1959 della filosofa tedesca Hannah Arendt, don Domenico ha indicato nel disfarsi dell’autorità da parte degli adulti il rifiuto «di assumersi la responsabilità del mondo in cui hanno introdotto i loro figli».

Si è prodotto così «un disimpegno educativo i cui effetti non hanno tardato a manifestarsi sulle giovani generazioni: iperattività, disturbi fobici, aumento della violenza, delinquenza giovanile, e in modo più ampio predisposizione alla depressione, alla dipendenza di vario genere».

«È sintomatico – ha sottolineato il vescovo – che proprio i figli cresciuti in nome dell’autonomia siano quelli più segnati da forme di dipendenza patologica. Il bambino non è più orientato verso l’adulto per imparare, ma si interpreta come un pari grado, che contratta i suoi spazi, eludendo la relazione asimmetrica tra genitori e figli e spesso imponendo un sottile ricatto affettivo».

«Ieri la parola d’ordine era: “Obbedisci, capirai più tardi!”. Oggi è “Adesso ti spiego. Troviamo il di metterci d’accordo…”. Il troppo permissivismo – secondo il vescovo – sembra peraltro la nemesi dell’autoritarismo di ieri, ma “educare un figlio significa aiutarlo, grazie al gioco alternato di autorizzazione e divieto, a trovare il luogo del suo desiderio e ad ancorarsi ad esso”»