Olanda. Oggi alle urne con lo spettro del populismo

Si vota, gli indecisi sono al 40%. I sondaggi indicano un testa a testa tra il candidato dell’estrema destra Wilders e il premier liberale uscente Rutte

(da Avvenire) Una campagna elettorale già dominata dal tema dell’immigrazione e dall’ascesa dell’estrema destra xenofoba di Geert Wilders ha subito un colpo forte dalla crisi diplomatica con la Turchia. L’Olanda vota oggi per le legislative in un clima surreale. Mai la solitamente sonnacchiosa politica olandese avrebbe immaginato di trovarsi al centro delle attenzioni internazionali. E invece, da una parte il vento del populismo che soffia impetuoso anche sui mulini a vento – un’eventuale vittoria di Wilders sarebbe il terzo colpo in questa direzione dopo la Brexit e la vittoria di Trump negli Usa – dall’altra le infuocate tensioni con Ankara hanno acceso i riflettori del mondo su questo spicchio d’Europa. La media degli ultimi sondaggi dà un sostanziale testa a testa tra il Partito per la libertà (Pvv) dello stesso Wilders e i liberali del Vvd del premier uscente Mark Rutte. Secondo tre rilevamenti, Rutte otterrà il 17%, equivalente a 24-28 dei 150 seggi della Camera bassa, mentre Wilders arriverebbe a 22-24 seggi. Ma l’alto numero di indecisi, attorno al 40%, rende difficile fare previsioni. Di più: non tutte le rilevazioni hanno “pesato” in egual maniera la crisi con la Turchia, durante la quale il premier uscente, a cui molti avevano già attribuito una virata a destra in campagna elettorale, ha mostrato una fermezza che potrebbe ripagarlo.

Non solo: un sondaggio pubblicato da IeO Research vede in continua ascesa la Sinistra Verde guidata dal trentenne Jesse Klaver, che potrebbe quadruplicare la sua presenza in Parlamento e puntare addirittura al secondo posto. Quasi tutti i principali partiti sono comunque vicini, inclusi i cristiano-democratici, mentre a subire il crollo dovrebbero essere i laburisti, che pagherebbero l’austerity di questi anni di grande coalizione con Rutte. I seggi chiuderanno alle 21 e lo spoglio avverrà rigorosamente a mano, per paura dell’infiltrazione di hacker nella procedura. Ieri sera i leader degli otto principali partiti si sono ritrovati all’Aja per l’ultimo dibattito tv. Ma già lunedì c’era stato il clou, con lo scontro diretto Rutte-Wilders. «Si può dire che queste elezioni siano i quarti di finale per impedire al cattivo populismo di vincere. Le semifinali sono in Francia ad aprile e, in seguito, la finale in Germania a settembre», ha avvertito il premier. «Se volete che il denaro vada ai richiedenti asilo, a Bruxelles e in Africa, piuttosto che a voi stessi, votate per il partito di Rutte» ha replicato Wilders, che ha promesso di chiudere le frontiere agli immigrati, di vietare la vendita del Corano e di chiudere tutte le moschee, oltre a paventare l’uscita dall’Ue. Wilders sta cercando di sfruttare la tensione con Ankara per dimostrare come decenni di tolleranza verso l’immigrazione di massa e il multiculturalismo abbiano prodotto solo disastri nella società olandese. Rutte, da parte sua, può vantare risultati come la crescita del Pil al 2,1% e una disoccupazione scesa al 5%. Di più: può sostenere di non aver ceduto ad Erdogan, da lui definito ancora ieri «un nauseabondo falsificatore della storia» per le accuse del presidente turco su Srebrenica. Certo è che tutti i principali partiti hanno escluso di allearsi con Wilders dopo il voto, di fatto isolandolo. Probabile che, stante la frammentazione del voto, siano necessarie settimane di trattative per formare una coalizione di almeno quattro o cinque partiti che abbia una maggioranza. Al leader populista, però, tutto ciò pare importare poco. Per ora vuole solo arrivare primo e spera nell’«effetto Trump». Anche se in passato più volte in Olanda l’ondata populista dei sondaggi ha finito per sgonfiarsi nel segreto dell’urna.

Paolo M. Alfieri