“Oggi sarai con me in paradiso”: a Fontecolombo la seconda meditazione dedicata alle sette parole di Gesù sulla croce

La promessa di Cristo al criminale crocifisso accanto a lui “Oggi sarai con me in paradiso”, riferita dall’evangelista Luca (proprio il vangelo della misericordia, l’unico a riferire questo particolare nei racconti della passione) al centro della seconda meditazione offerta dai frati di Fonte Colombo nella serie dei venerdì spirituali al santuario dedicati alle sette parole di Gesù sulla croce. Dopo la prima serata con padre Ezio Casella, stavolta è stato padre Marco Sebastiani a offrire il commento spirituale che ha invitato a porsi nell’atteggiamento di chi si trova accanto al Cristo.

Una cosa «che è tanto difficile… Noi ormai siamo abituati a questa immagine, ma nella Chiesa primitiva i cristiani non lo rappresentavano, preferivano l’immagine del buon pastore, ma quella di Gesù crocifisso dava fastidio». Anche oggi si tende a rimuovere la sofferenza, immagini di particolare dolore «ci danno fastidio. Ma, come diceva Pascal, Cristo è in agonia fino alla fine del mondo, non dobbiamo lasciarlo solo. E invece noi spesso facciamo il contrario, passiamo oltre, non riusciamo ad accogliere questo grido di dolore che sale dall’umanità intera. Ma se anche facciamo di tutto nella vita per sfuggire alla croce ci sarà un momento in cui prima o poi questa ci verrà incontro». Ecco allora l’invito a collocarci nella scena del Golgota e a chiedersi «quali personaggi siamo: se siamo il popolo che guarda da lontano, se siamo i capi che deridono Gesù, o se siamo i malfattori appesi accanto a lui sulla croce». Dei due, «uno lo insulta, l’altro invece accoglie il grido del dolore innocente e diventa il primo santo, “canonizzato” non dalla Chiesa ma da Gesù stesso».

Padre Marco ha voluto citare il celebre racconto che Elie Wiesel, testimone della shoah, riferisce nel suo La notte, quando, nella terribile esperienza del lager nazista in cui era internato, si trovò dinanzi alla scena straziante del ragazzo impiccato alla forca dalle Ss che prolungava la sua agonia e sentì la voce di un compagno di prigionia che chiedeva “dov’è Dio”… con quella risposta che gli veniva dal cuore: “Eccolo Dio, è appeso lì a quella forca!”. L’uomo si trova accanto alla croce di Gesù. Perché lui «non scende dalla croce, rimane fedele al Padre e all’uomo». Ma come il malfattore pentito, «dobbiamo avere il coraggio di guardare e chiedere a Gesù che si ricordi di noi nel suo regno». Una parola che «è anche per noi: Oggi sarai con me in paradiso. Oggi, non domani». Dobbiamo saper invocare il paradiso che è «il segno della comunione con Dio, che fa pace con l’uomo che questo Padre ha abbandonato» e saper chiedere «questo sguardo di fede, capace di riconoscere nel volto nel volto sfigurato del crocifisso il volto amato del Figlio».

Altra sottolineatura che colpisce della scena del Calvario: «fino alla fine Gesù non pensa a sé, ma pensa a noi che siamo malfattori. Il Vangelo non parla del buon ladrone, tutti e due sono malfattori, probabilmente ribelli al dominio di Roma, sicuramente sono criminali». E se all’inizio del Vangelo Luca evidenzia come «i primi che ricevono la buona notizia sono i pastori, anche loro una categoria esclusa dalla salvezza perché considerati impuri», al termine di nuovo una salvezza per una categoria “maledetta”, che è quella degli assassini. «Gesù non pensa a sé ma a noi, non scende dalla croce ma ci rimane per noi peccatori».
Il frate toscano, ricordando un episodio personale di quando era parroco a Piombino e fu chiamato a benedire il corpicino di una bimba di due anni deceduta per una “morte bianca” e sentiva forte risuonare la domanda “Signore, dove sei?”, ha concluso invitando a lasciar “parlare” in noi l’esperienza del dolore: «Nel dolore occorre il coraggio di metterci in ginocchio e chiedere la fede, la grazia di saper leggere in questo il mistero di un Dio che si fa piccolo, si fa nostro fratello».